Viaggio nella CSR italiana – 1° puntata. Il caso Fonti di Vinadio – Sant’Anna Bio Bottle
Inizia come preannunciato qualche settimana un viaggio tra le iniziative riconosciute di corporate social responsibility delle imprese italiane. Ho scelto di presentare alcune iniziative tra quelle pubblicate nel Libro d’oro della responsabilità sociale realizzato puntualmente dalla fondazione Sodalitas.
Ogni anno infatti attraverso il Sodalitas Social Award, aziende ed enti pubblici e non profit hanno l’opportunità di segnalare le iniziative di CSR svolte durante l’anno precedente. Io mi limiterò a commentare e presentare solamente le iniziative dell’edizione 2009 non considerando volutamente le precedenti 6 edizioni.
Il motivo di questo viaggio è quello di iniziare un confronto tra le diverse interpretazione che si hanno di csr, dove tutto realmente può essere ricondotto a responsabilità sociale, anche iniziative che fino a qualche hanno fa rientravano nella normale conduzione della vita manageriale d’impresa.
Questa estensione, e a volte inflazione, ha portato ovviamente dei benefici, soprattutto nella misura in cui molte più persone/aziende parlano ormai comunemente di CRS, ma ha portato anche delle deficienze rappresentate dalla banalizzazione del concetto di responsabilità sociale.
Faccio un esempio estremo, se dichiaro di pagare regolarmente gli stipendi ai miei dipendenti sto compiendo un’azione di CSR? A mio avviso no, tuttavia alcune delle iniziative proposte e giustamente raccolte dal Sodalitas social award non si discostano molto dal mio esempio.
Forse in questa fase primitiva di sviluppo del concetto di csr è giusto non porre vincoli a quello che può essere socialmente responsabile certo è che per il futuro si renderà forse necessario alzare maggiormente l’asticella dell’impegno verso la Responsabilità (con la R maiuscola) sociale d’impresa.
Il caso Sant’Anna Bio Bottle (tratto dal Libro d’oro della responsabilità sociale 2009 Ed. Sodalitas)
Problema
La rivoluzione ecosostenibile deve cominciare dalle piccole scelte
quotidiane, che riguardano prima di tutto i prodotti di largo consumo.
È importante dunque che l’offerta a disposizione dei consumatori sia il più
possibile attenta e vicina alle esigenze ambientali del pianeta, e si strutturi
alla luce di queste.
Soluzione
Sant’Anna Bio Bottle è una bottiglia da 1,5 litri – creata per la vendita nel
mass market – realizzata interamente con una plastica naturale che si ricava
dalla fermentazione degli zuccheri delle piante anziché dal petrolio.
Tale materiale, che si chiama Ingeo™ (“ingrediente della terra”), è stato
importato privatamente dall’azienda dagli Stati Uniti, vista la scarsa
disponibilità dello stesso in Europa.
Le piante utilizzate per la produzione di questa resina catturano il carbonio
dall’atmosfera con il processo di fotosintesi e lo immagazzinano nell’amido
presente nei grani; l’amido viene successivamente trasformato in zuccheri
naturali. Grazie a processi di fermentazione, scissione e polimerizzazione il
carbonio e gli altri elementi contenuti in questi zuccheri vengono
trasformati, dando vita al biopolimero con cui può essere prodotta la
bioplastica.
In questo modo Sant’Anna Bio Bottle – dopo il consumo – può confluire
nella raccolta differenziata dell’organico ed essere avviata ad un particolare
trattamento: il compostaggio. Quest’ultimo è un processo naturale che però
può essere riprodotto ed accelerato predisponiendo ambienti con
temperatura e tassi di umidità controllati.
In una prima fase sperimentale, Sant’Anna Bio Bottle è stata prodotta in
circa un milione di esemplari e sottoposta a numerosi test – effettuati in
collaborazione con esperti ed enti di recerca – per verificarne le
caratteristiche ed il comportamento.
Rispetto invece al procedimento del compostaggio, l’Azienda Fonti di
Vinadio ha sviluppato un progetto pilota con AMIAT – Azienda
Multiservizi Igiene Ambientale Torino – per gestire una prima fase di
compostabilità della bottiglia su scala industriale.
Il libro d’oro della responsabilità sociale
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Risultati
L’origine vegetale della materia prima con cui Sant’Anna Bio Bottle è
realizzata costituisce un significativo vantaggio per l’ambiente: sostituendo
il petrolio con una risorsa rinnovabile di origine vegetale, si impiegano
infatti il 67% di combustibili fossili in meno rispetto alle plastiche
tradizionali. Anche il compostaggio della bottiglia portato avanti insieme
con AMIAT ha permesso di verificarne l’assoluta sostenibilità (dopo 8
settimane non si è più rilevato nessun frammento della bottiglia).
L’iniziativa produttiva di Fonti di Vinadio ha suscitato curiosità e attenzione
da parte non solo dei consumatori (nel 2009 è stata gradualmente avviata la
vendita del prodotto attraverso la grande distribuzione) e del mondo
dell’informazione, ma anche di ricercatori e studiosi di nuovi materiali e
metodi di smaltimento degli imballaggi.
L’azienda ha inoltre già avuto richieste di commercializzazione del prodotto
dai mercati esteri (Germania e Francia in particolare), oltre che essere stata
chiamata a raccontare la propria esperienza in occasione di convegni e fiere
internazionali
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