protezione civile

Aquila un anno dopo, il terremoto che ha cambiato il non profit!

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Esattamente un anno fa il terribile terremoto che ha devastato l’Abruzzo! Nel corso del 2009 ho dedicato parecchi post alle iniziative in favore dell’Abruzzo a cui ho partecipato anche personalmente.  Questo post quindi non vuole essere un riassunto di quanto già detto ma vuole fare emergere un’altra riflessione rispetto al ruolo che ha avuto in questa emergenza non solo il sistema di protezione civile ma il non profit in generale.

Non c’è nulla di positivo in un sisma, l’unico aspetto positivo è sempre rappresentato dall’attivazione delle migliaia di persone e associazione che si mettono gratuitamente a disposizione per ripristinare il prima possibile una situazione di normalità.

Il fenomeno più rilevante dal mio punto di vista è stata la capacità di fare sistema all’interno del sistema. Il sisma dell’Abruzzo ha rappresentato la discontinuità all’interno della discontinuità.

Il sistema di protezione civile nasce per far fronte a situazioni di discontinuità, attivando risorse e mezze per superare un’emergenza, questa volta tuttavia è accaduto qualcosa di ancora diverso, gli attori del sistema di protezione civile (organizzazioni, enti locali, cri, vigili del fuoco), hanno saputo creare un vero network di conoscenze e capacità (coinvolgendo un’infinità di organizzazioni e associazioni che solitamente non si occupano di Protezione civile) finalizzata a rendere meno disagevole la situazione delle persone coinvolte, superando il limite dimostrato in passato di non sapersi aprire a nuove contaminazioni. La vera rivoluzione tuttavia è solo all’inizio oggi ad un anno dal sisma quante associazioni appartenenti a “mondi” diversi hanno saputo mantenere rapporti avviando magari progetti o iniziative contaminate?

La vera sfida del non profit sarà anche quella di saper dialogare anche con realtà che pur occupandosi di attività differenti sanno dare una risposta unitaria rispetto ad un bisogno emergente; in altri termini occorre saper ricreare l’”effetto Abruzzo” anche distante da situazioni di emergenza, e questo vale soprattutto per le organizzazioni che si occupano di protezione civile che hanno la responsabilità di far parte già di un sistema che per definizione deve in grado di accogliere tutte le risorse necessarie per superare le difficoltà di una maxiemergenza.  

Per approfondire ciò che si vive durante un’emergenza vi consiglio di leggere le “storie” raccolte da repubblica.it cliccando qui.

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Fare il volontario:mission impossibile?

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mission impossible

Ha fatto notizia la lettera, spedita al Corriere della Sera, di un ingegnere di 70 anni ormai in pensione che pur volendo non è riuscito a fare il “volontario”. Pare che dopo molti tentativi non abbia trovato alcuna associazione disposto a farlo lavorare come volontario, e per questo il giovane “nonno” si sia giustamente lamentato. Detta così sembra una notizia sconvolgente quanto assurda, leggendo fino in fondo la storia di Eugenio Francesco Borghetti, è questo il nome del volontario in questione, appare tuttavia evidente che le richieste avanzate dall’ingegnere forse non erano proprio scontate.

Ha iniziato ad interessasi al volontariato chiedendo di poter donare il sangue e ovviamente gli è stato rifiutato (causa la “maggiore età”), si è iscritto ed ha superato un corso di base di protezione civile per essere pronto per essere coinvolto in missioni di soccorso, ma anche in questo caso non è mai (ancora) stato coinvolto (ricordo che prendendo in considerazione i volontari della sola Croce Rossa Italiana, sono oltre 6000 quelli pronti a partire per sostituire i volontari impegnati in Abruzzo), allora ha deciso di iscriversi ad un corso di primo soccorso per andare sulle ambulanze, ma anche in questo caso, considerati i sopraggiunti limiti di età non potrà salire su un’ambulanza. A poco importa se il giovane nonno si sente (e probabilmente lo è) in forma, è indubbio dire che comunque le attività di volontario fatte nelle forme da lui scelte sono probabilmente troppo rischiose per lui, ma soprattutto per gli altri (inteso sia volontari che eventuali persone soccorse). Vorrei condividere con questo giovane ingegnere una riflessione diversa, forse più utile, che rientra nell’ambito della contaminazione dei saperi.

Le competenze maturate durante la sua attività professionale possono sicuramente essere messe a disposizione di una qualunque associazione di volontario, l’unico requisito per generare valore all’interno di un’organizzazione non profit, non è quella di aver del tempo da investire, ma al contrario quella di condividere una mission, sposarla e con umiltà contribuire al raggiungimento della stessa.

Poco importa se invece di poter guidare un’ambulanza, dovrà dedicarsi a lavori meno fisici, il vero elemento distintivo è prestare servizio per una “giusta causa”, e su questo stento a credere che non ci siano associazioni in grado di poter soddisfare questo requisito.

Mettere a disposizione le proprie capacità significa avere la consapevolezza del proprio ruolo all’interno di una qualunque organizzazione preposta ad erogare valore sociale nei confronti della collettività, è questa la sensibilità che manca a molte persone e a molti potenziali volontari.

In Italia non è difficile fare il volontario basta capire quale ruolo poter giocare.

Gentile Ing. Borghetti, se comunque è ancora dell’idea di fare il volontario mi chiami io ho sempre bisogno di persone come lei, si faccia vivo, troveremo sicuramente il ruolo giusto per lei!!!!

L’era della contaminazione… da oggi in libreria

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COVER LIBRO

L’era della contaminazione è il titolo del libro che ho realizzato con l’amico Dante Paolo Ferraris. In questo testo riprendiamo molti dei temi trattati in maniera trasversale in questo blog.  L’idea nasce da esperienze diverse, abbiamo cercato di avvicinare il mondo profit e quello non profit cercando di proporre un nuovo approccio manageriale basato proprio sulla contaminazione delle passioni, delle competenze e delle passioni.

Per competere in un’era complessa non è pensabile separare le discipline, è necessario “contaminare” i saperi per essere in grado di affrontare scenari difficilmente prevedibili.

Il libro ospita alcuni contributi di esponenti del mondo profit, non profit e di quello istituzionale, in particolare ringrazio:, Giuseppe Zamberletti, Teresina Torre, Fabrizio Grattarola, Kostas Moschochoritis.

Ringrazio infine Giovanni Bastianini e Guido Bertolaso per avere contributo e realizzato la prefazione del libro.

Avremo modo di parlare nelle prossime settimane dei contenuti del libro, nel frattempo attendo i vostri feedback.

Riflessioni sul terremoto

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Non è semplice trovare le parole per descrivere un evento drammatico come quello che ha colpito nelle scorse ore la città de L’Aquila e in generale tutto l’Abruzzo. Cosa c’entra però il terremoto con questo blog? Molto, non solo perché la mia esperienza nel mondo non profit (che segna l’inizio della contaminazione) inizia con la Croce Rossa Italiana proprio in seguito ad una maxiemergenza, ma anche perché questo dramma può diventare una vera occasione per dimostrare che le imprese possono avere un ruolo diverso all’interno del contesto sociale rispetto a quello descritto negli ultimi mesi.

Oggi mentre ero in macchina, mi è capitato più volte di sentire professionisti (l’ultimo che ho sentito era un esperto di perforazioni terrestri per la ricerca di acqua non contaminata) che spontaneamente offrivano la loro competenza per superare l’emergenza; immagino che molte persone all’interno delle aziende avessero la stessa voglia e intenzione dei professionisti che hanno telefonato alla radio… perché quindi non agevolare questa condizione?

Molte aziende sicuramente si attiveranno per raccogliere contributi ed inviare prodotti per agevolare il superamento dell’emergenza, tutto questo è fondamentale anzi indispensabili, tuttavia agire solo in questa direzione rappresenta una limitazione rispetto alla possibilità di innescare un vero cambiamento culturale verso la  CSR.

Prendendo esempio dall’esperienza di Katrina, facciamo in modo che le competenze che sono presenti al’interno delle aziende siano finalizzate alla risoluzione di questo drammatico evento. All’interno delle nostre aziende sono presenti competenze, conoscenze, strutture e passioni, tutte utilizzabili per riuscire a velocizzare il ripristino della normalità. Non mi sto riferendo solo a personale tecnico ma anche ad esempio a personale commerciale. Fare CSR significa anche contestualizzare le proprie capacità in funzione di un bisogno emergente coerente con la propria mission.

Perché non creare proprio in questo momento delle vere task forze di esperiti volontari, sostenuti dall’azienda per la quale lavorano da mettere a disposizione del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile? E’ solo uno dei 1000 esempi che si potrebbero fare, la vera innovazione è quella di portare la responsabilità sociale all’esterno, ma anche di agevolare la sensibilità all’interno delle realtà aziendali.

Non perdiamo quest’occasione dimostriamo che si può contribuire non solo con il denaro ma anche con le caratteristiche che ognuno di noi può esprimere all’interno delle organizzazioni per le quali lavora.

Concludo indicando un conto corrente per effettuare donazioni per le persone che oggi si trovano senza più nulla:

Conto corrente bancario C/C BANCARIO n° 218020 presso: Banca Nazionale del Lavoro-Filiale di Roma Bissolati -Tesoreria – Via San Nicola da Tolentino 67 – Roma. Intestato a: Croce Rossa Italiana Via Toscana, 12 – 00187 Roma.  Coordinate bancarie (codice IBAN) relative sono: IT66 – C010 0503 3820 0000 0218020 CASUALE 24 ORE PER L’ABRUZZO

Conto corrente postale n. 300004 – Intestato a: ” Croce Rossa Italiana, via Toscana 12 – 00187 Roma” CASUALE 24 ORE PER L’ABRUZZO

On line il nuovo Corporate Sustainability Report di UPS

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Nella sezione CSR REPORT ALLERT è possibile scaricare il report completo
Nella sezione CSR REPORT ALERT è possibile scaricare il report completo

 

E’ stato presentato in questi giorni il 6°  report di sostenibilità di UPS, azienda a di trasporti e logistica che nel 2007 ha compiuto 100 anni di attività.

Ups ha sede ad Atlanta ed opera in 200 stati nel mondo con oltre 425.000 dipendenti.

Dal report di sostenibilità emerge un’iniziativa interessante  dal punto di vista della contaminazione tra profit e non profit, si tratta del “Logistics Emergency Teams” (LETs), ovvero della creazione di un team di persone in grado di collaborare con altri vettori logistici e finalizzato al trasporto di materiale di prima necessità in situazioni di emergenza. UPS mette a disposizione non solo i propri mezzi, ma soprattutto la professionalità del personale in grado di ottimizzare i tempi di distribuzione dei generi di prima necessità.

“The LETs program presents an incredible opportunity to bring the full weight of the logistics industry to bear at a time when lives are in the balance,” said Dan Brutto, President, UPS International. “Even though we may be competitors in the business world, we can work together for the good of humanity.”

Si tratta quindi di un iniziativa che integra all’interno dei propri processi organizzativi attività di CSR, potenzialmente diventando un punto di riferimento per la logistica durante le più importanti situazioni di emergenza mondiali.

Nella sezione “CSR Report Alert” è possibile scaricare il report completo.