volontariato

Generazione non profit

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In questi giorni sto incontrando molte realtà non profit di grandi e di piccolissime dimensioni per definire un progetto congiunto di CSR e mi sto rendendo conto, o meglio sto avendo conferme circa l’evoluzione dei modelli che fino a poco tempo fa caratterizzavano il modo di essere non profit.

Non ho la pretese di fare una fotografia scientifica dell’interno panorama non profit, tuttavia è sempre più vero che:

–         La capacità di produrre innovazione nelle risposte sociali che il non profit cerca di dare, sono meno evidenti rispetto a quello che accadeva solo 5 anni fa

–         L’età media di molte realtà è cresciuto negli anni, a testimonianza della crescente difficoltà di coinvolgere volontari anche d età più giovani

–         L’autoreferenzialità delle organizzazioni più radicate e anche più storiche presenti sui differenti territori diventa un vero fattore vincolante alla capacità di costruire un nuovo ed evoluto modello di welfare in cui il non profit possa giocare un ruolo determinante

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Convegno: Croce Rossa & Comunicazione

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Sabato 8 maggio, giornata mondiale della Croce Rossa, parteciperò al convegno organizzato dal Comitato Regionale del Piemonte della Croce rossa Italiana, dal titolo:”La comunicazione e la Croce Rossa Piemontese tra “propaganda” e pubblicità”

Di seguito il programma del convegno:

ore 10:00 Introduzione dei lavori, presentazione delle attività svolte e dei relatori

Dante Paolo Ferraris – Commissario Regionale CRI PIEMONTE

Moderatore Dottor Antonino Calvano – Commissario Provinciale CRI TORINO

 

I media e le emergenze: l’immagine del volontario attraverso le pagine dei giornali

Dottoressa Antonella Mariotti – “La Stampa”

 

Il ruolo della comunicazione interna quale strumento di gestione del cambiamento

Dottor Gianluca Cravera – Newton Management Innovation – Gruppo Sole 24 ore

I nuovi mezzi di comunicazione e l’integrazione con lo sviluppo associativo del Comitato Regionale CRI Piemonte

Dottoressa Sabrina Montagna – Politecnico di Torino – Ingegneria del Cinema e dei mezzi di comunicazione

Televisione e crescita della Croce Rossa in Piemonte

Architetto Piero Manera – Federazione Radiotelevisioni – Gruppo Rete 7

La CRI del Piemonte corre sul web

Ingegnere Pier Luigi Passaro

I giovani e la comunicazione

Pioniere Marco Beltrametti

ore 12:00 Conclusione dei lavori e rinfresco

Aula Dunant

CROCE ROSSA ITALIANA – COMITATO REGIONALE DEL PIEMONTE – Via Bologna 171 TORINO

Il volontariato sottovalutato: il flop delle ronde!

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Il clamore degli scorsi mesi sulle ronde di volontari per vigilare sulla sicurezza delle nostre città è finito con un flop (pochissime domande di iscrizione presso le Prefetture italiane).  Strano? Non direi. Il meccanismo pensato per far funzionare il progetto “Ronde”, appartiene a chi pensa in maniera lineare ovvero, dato un problema trovo la soluzione, di chi ragione nella logica causa-effetto, tuttavia l’artefice o gli artifici di tali pensieri non hanno tenuto conto, probabilmente a causa di una scarsa conoscenza, delle dinamiche che caratterizzano  il mondo del volontariato.

Fare azioni di volontariato è tutt’altro che banale e difficilmente si riesce ad improvvisare. Sono molti i motivi che spingono una persona ad iscriversi ad un’associazione di volontariato, il vero problema tuttavia è quello di far in modo che la persona una volta entrata continui a permanere all’interno condividendo una visione comune e una capacità propositiva continua. Il progetto “Ronde” nasce da un impulso, a volte anche da una necessità, da un bisogno di sicurezza amplificato molte volte dalla percezione di insicurezza che si ha camminando in molte città.

Tale bisogno tuttavia  non può essere soddisfatto abusando o coinvolgendo chi per indole e per abitudine considera il volontariato anche come un momento di piacere e di spensieratezza, un momento in cui poter svolgere azioni ad alto valore aggiunto generando valore sociale ma contemporaneamente  un momento in cui poter mettere a disposizione non solo il tempo ma anche le proprie esperienze e capacità.

Questi ultimi requisititi in parte vengono a mancare nell’attività di sorveglianza/sicurezza delle città.

Certo questo è solo uno dei motivi che probabilmente ha indotto il fallimento del progetto “Ronde”, ce ne sarebbero altri cento almeno da poter individuare, ciò che è tuttavia evidente è la sottovalutazione di un sistema, quello del volontariato, che risulta essere molto più complesso di quello che si possa pensare.

Donazioni & fiducia alimentano la CSR per le organizzazioni non profit

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donazioni

Ritorno su un argomento a lungo trattato negli ultimi mesi, mi riferisco al tragico evento sismico che ha colpito la gente d’Abruzzo.

Il focus di questo post si concentra sulle donazioni che a fronte del terremoto sono giunte presso le numerose associazioni ed enti impegnati nella ricostruzione post terremoto.

Inutile dire che, ancora una volta, la generosità ha permesso di raccogliere cifre realmente interessanti da destinarsi alla ricostruzione delle zone terremotate. Le casse delle associazioni si sono in alcuni casi letteralmente riempite, con la conseguenza responsabilità di dover rendere conto, ancora con più attenzione, del reale utilizzo delle somme versate.

Da un punto di vista manageriale la vera criticità per le organizzazioni non profit potrebbe essere rappresentato dalla sottovalutazione dell’importanza di essere in grado di gestire correttamente il flusso delle donazioni ed in generale le prossime raccolte fondi.

Le aree di attenzione sono due:

  1. Essere in grado di sfruttare nel momento dell’emergenza i potenziali contatti che solitamente si utilizzano per la raccolta fondi istituzionale dell’organizzazione non profit
  2. Essere in grado di monitorare e rendicontare puntualmente e costantemente l’utilizzo di tutti i contributi raccolti.

Per quanto riguarda il primo punto è da notare che sono ancora molte le associazioni o organizzazioni che non dispongono di un “portafoglio” di donatori a cui poter chiedere uno sforzo in caso di emergenze, e che quindi le donazioni raccolte in caso di emergenza sono solo frutto della fedeltà o riconoscibilità del brand e non della capacità di raccolta fondi.  

Per quanto riguarda il secondo punto, spesso ci si dimentica di dar conto del proprio operato, sopravvalutando la propria capacità comunicativa, o in altri casi abusando della fiducia del propri donatori.

Le emergenze sono un’occasione per imparare rapidamente a gestire i flussi di donazioni, per essere colta come opportunità bisogna tuttavia avere l’umiltà e la voglia di imparare prima ancora di gestire, di raccogliere fondi considerando questa attività sempre più centrale per lo sviluppo del non profit.

In altri termini, la capacità di raccolta fondi (intendendo capacità di raccolta, di gestione e di impegno dei fondi)  non è solo un’area di miglioramento manageriale che non può essere improvvisata ma diventa uno dei momenti centrali delle azioni di CSR delle organizzazioni non profit

Contraddizioni papali

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Il management sostenibile entra anche in vaticano, o meglio dovrebbe entrare anche in Vaticano. Domenica 28 dicembre Benedetto XVI si dice preoccupato del “lavoro precario” facendo appello per garantire condizioni di lavoro dignitose per tutti. Una posizione quella assunta dal Papa certamente condivisibile e necessaria visto lo scenario del mondo del lavoro sempre più frammentato e governato da incertezza. Accanto a questo appello, è emersa tuttavia la denuncia di Valeria Pireddu, hostess dell’Opera Romana Pellegrinaggi che afferma che per anni ha lavorato “in nero” e ancora oggi senza un contratto di lavoro. Non è mia intenzione dare in questa sede giudizi sulla situazione che andrebbe per lo meno verificata e approfondita, ciò su cui vale la pena soffermarsi sono gli atteggiamenti incoerenti che ancora una volta coinvolgono le organizzazioni in questo caso il Vaticano nella sua globalità. L’atteggiamento secondo quanto raccontato dalla Pireddu è quello di giocare sulla grande contraddizione che associa il non profit con il lavoro volontario, il che può essere giustificato solo se realmente si tratta di volontariato organizzato e prestato nelle forme previste. Poiché dietro ai pellegrinaggi di sviluppa un business di notevoli proporzioni, il fatto voler volutamente far passare il lavoro delle hostess, come lavoro volontario appare alquanto incoerente e contraddittorio non solo con il proclama del Papa ma con i principi cardine della Chiesa Romana. Se certe leggerezze possono essere commesse, e comunque non giustificabili, da alcuni enti non profit,  non le possiamo accettare dal Vaticano. Tali azioni rischiano tra l’altro di compromettere la reputazione del volontariato agendo proprio sull’ambiguità tra il prestare gratuitamente o meno il proprio tempo generando confusioni tra i potenziali volontari o finanziatori del terzo settore.

Progetti sperimentali

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Scade il 24 ottobre il bando nazionale per progetti sperimentali di volontariato indetto dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, si presenta quindi una grande possibilità per chiunque voglia sperimentare innovative forme di assistenza, prevenzione, ascolto e promozione del volontariato stesso. I progetti saranno finanziati per una quota pari al 90% dal Ministero, lasciando quindi solo una quota pari al 10% a carico delle associazioni proponenti, il valore massimo finanziabile non può superare i 50.000€.

Opportunità come questa devono essere interpretate non solo come una risorsa economica a cui attingere per sviluppare nuove attività, ma come l’occasione per abituarsi a fare un vero passo avanti nelle politiche di progettazione sociale e fond raising  a cui sempre più spesso le associazioni di volontariato sono chiamate a rispondere. Leggi il seguito di questo post »

Apprendere per creare valore

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L’intervista a Stefano Zamagni pone al centro due importanti riflessioni, da un lato la necessità di ampliare le azioni di volontariato non solo per incrementare la creazione di valore sociale, ma anche per consentire di innovare il modo di operare del settore pubblico ma  soprattutto del settore for profit; dall’altro l’urgenza del settore non profit di ampliare le proprie conoscenze e competenze per essere in grado di comprendere i cambiamenti di scenario con lo scopo di interpretare le esigenze reali di tutti gli stakeholders con cui interagisce. La sperimentazione dell’azione volontaria diventa quindi un modo per sperimentare approcci ed esperienze che potrebbero essere riproposte anche nel mondo business oriented.  

La competitività del Terzo Settore

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La competitività nel terzo settore, può essere identificata con la capacità di incrementare il valore sociale prodotto e percepito dagli utilizzatori dei servizi erogati; tale condizione passa anche attraverso la formazione. Quando si parla di  formazione rivolta ai volontari di quale formazione stiamo parlando? Spesso si intende formazione esclusivamente tecnica, legata all’incremento delle capacità operative del volontario nel proprio ambito di azione. Questo tipo di formazione ha il vantaggio di essere immediatamente fruibile da tutti anche alla luce della possibile eterogenità dell’aula; in altre parole quando si spiega ad esempio ad un volontario come caricare un ferito su un asse spinale,  si rende necessario fare vedere e sperimentare delle sequenze di manovra, sarà l’esperienza e la frequenza operativa di tali manovre a trasformare il volontario in esperto utilizzatore dell’asse spinale.

La formazione tecnica è dunque essenziale per consentire a qualunque organizzazione di poter sviluppare la propria attività istituzionale, è inoltre la più semplice da progettare ed anche da erogare.

Esistono parecchie realtà di volontariato che intendono e riconoscono solo questo tipo di formazione, reputano fondamentale la formazione ma solo per migliorare le attività che vengono erogata all’esterno dell’associazione stessa.

Le associaizoni che considerano la formazione tecnica come l’unica strada strada utile e crescere rischiano non solo di non riuscire a governare un processo di sviluppo, ma addirittura di perdere nel medio e lungo periodo un crescente numero di volontari.

Pensare che sia sufficiente saper fare bene l’attività per cui si è scelto di diventare volontario per una determinata associazione, risulta il vero limite al superamento del nanismo di molte delle realtà presenti in Italia. Il nanismo non è di per sè negativo, è semplicemente riduttivo rispetto al potenziale che i volontari potrebbero erogare se oltre a concentrarsi sulle attivtà esterne  dedicassero maggiore attenzione alla gestione “manageriale” della propria organizzazione.

Accade spesso che venga scelto come coordinatore di un gruppo di volontari, non colui che ha le migliori capacità organizzative, ma colui che sul campo ha dimostrato di conoscere le attività che vengono svolte dai volontari, o ancora peggio, colui che ha molto tempo da dedicare alle attività dell’associazione.

Sia il tempo che le capacità tecniche non sono la risposta alla possibilità di generare nuovo valore sociale, si rende al contrario necessario affrontare seriamente percorsi di crescita manageriale progettata per le esigenze delle differenti tipologie di organizzazioni non profit.

IL MANAGER DEL FUTURO: the new social steward

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il non profit in Italia è variegato, composto da associazioni riconosciute e non, cooperative, enti religiosi, fondazioni ed enti pubblici: si contano infatti oltre 21.000 associazioni di volontariato registrate (alle quali si possono aggiungere oltre 35% di associazioni non registrate).

Queste realtà non sono ovviamente composte solamente da volontari, che rappresentano il numero più consistente, ma anche da professionisti in grado di contribuire alla crescita, anche economica, del settore. Basti infatti pensare che il terzo settore ha un giro di affari stimato in circa 38 miliardi di euro, quindi non si tratta più di un soggetto marginale ma di un universo protagonista dello scenario socioeconomico nazionale.