Progetti sperimentali
Scade il 24 ottobre il bando nazionale per progetti sperimentali di volontariato indetto dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, si presenta quindi una grande possibilità per chiunque voglia sperimentare innovative forme di assistenza, prevenzione, ascolto e promozione del volontariato stesso. I progetti saranno finanziati per una quota pari al 90% dal Ministero, lasciando quindi solo una quota pari al 10% a carico delle associazioni proponenti, il valore massimo finanziabile non può superare i 50.000€.
Opportunità come questa devono essere interpretate non solo come una risorsa economica a cui attingere per sviluppare nuove attività, ma come l’occasione per abituarsi a fare un vero passo avanti nelle politiche di progettazione sociale e fond raising a cui sempre più spesso le associazioni di volontariato sono chiamate a rispondere.
L’approccio a tale bando può avvenire in due modi, uno standard e l’altro un po’ più innovativo e orientato anche all’integrazione tra differenti competenze reperibili nel mondo non profit o profit.
Esistono associazioni che in maniera sistematica partecipano a tutti i bandi/progetti di finanziamento con un’offerta standard in cui far emergere i punti di forza necessari (spesso in maniera autoreferenziale) a giustificare l’impegno economico richiesto, tale approccio rientra in un modo di operare tradizionale e sempre meno efficace soprattutto per i risultati in grado di generare nei confronti degli stakeholder (portatori di interesse e/o utilizzatori potenziali dei servizi offerti) coinvolti.
Il focus di questi progetti è rappresentato dall’associazione stessa, si spendono molte parole e pagine nel descrivere le attività praticate e i successi raggiunti, dedicando spesso solo una piccola parte del progetto ai reali benefini misurabili che il nuovo progetto si presta a garantire. Spesso questi progetti prevedono l’esclusivo utilizzo di competenze già presenti all’interno dell’associazione, e diffcilmente prevendono la realizzazione di reti sinergiche di collaborazione tra altre realtà dotate di competenze differenti e utili per migliorare il progetto proposto.
Ancora oggi assistiamo ad una chiusura rispetto all’agire in “rete”, limitando di consegenza il potenziale valore che nuovi e innovativi progetti potrebbero avere sui potenziali destinatari.
Un secondo approccio, che a mio avviso dovrebbe essere maggiormente sperimentato è rappresentato dalla volontà sistematica di ricercare un network di conoscenze finalizzato sia alla riuscita del bando, sia alla creazione di valore sociale. In altre parole questo secondo approccio pone il focus sugli stakeholders e non sull’associazione proponente. Le difficoltà prioritarie di scegliere questo secondo approccio sono in sintesi due:
- Considerare la partecipazione al bando come la possibilità di realizzare attività realmente innovative e non come strumento per coprire anche costi strutturali/istituzionali della gestione corrente.
- Superare i limiti concettuali di autoreferenzialità che spesso contraddistinguono il volontariato orientandosi quindi verso una logica di condivisione delle competenze finalizzata ad una migliore erogazione di nuovi servizi
Come per superare queste difficoltà?
Innanzitutto disporre della consapevolezza delle proprie capacità e competenze rispetto al progetto che si sta per presentare, è possibile infatti che un’associazione abbia un’ottima visione circa lo sviluppo ad esempio di attività assistenzali ma non abbia le capacità di trasformare la visione in un’azione operativa. La seconda riflessione riguarda la volontà di confronto con altre realtà presenti sul territorio in cui opera l’associazione, considernado come possibili partners non solo le altre associazioni di volontariato o i centri servizi, ma anche realtà profit che dispongono delle adeguante competenze per implementare magari una parte del progetto da proporre.
Ultima considerazione riguarda la necessità di continuare ad apprendere al di là delle competenze tecniche necessiarie per svolgere l’attività istituzionale dell’associazione per la quale si opera; occorre iniziare a pensare a percorsi formativi anche di natura manageriale attraverso i quali riusicre a fare un passo in avanto verso la vera valorizzazione dei contributi che il terzo setore è in grado di offrire al contesto sociale in cui agisce.
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