retribuzioni
Leadership e fidelizzazione senza stock option
Ne avevamo parlato più volte del limite delle stock option per il top management, limite che si traduce in una possibile e potenziale distorsione delle attività manageriali, sempre filtrate da un latente interesse personale con una visione sempre più di breve o di brevissimo periodo.
Le stock option nascono ovviamente con una nobile finalità, quella di far partecipare al “rischio” d’impresa, se così si può chiamare, chi l’impresa la gestisce senza esserne proprietario.
L’evoluzione di questo assunto si è tradotto in una serie di azioni che nel lungo periodo sono, in alcuni casi, diventate pericolose per la stessa organizzazione perché gli interessi in gioco degli amministratori potenzialmente potevano diventare prioritari rispetto alla sostenibilità e competitività dell’impresa stessa.
E’ pur vero che negli anni sono stati introdotti correttivi necessari a frenare la tentazione di azioni di breve periodo, imponendo precisi limiti per il riscatto delle opzioni; tali limiti si sono comunque dimostrati nel tempo poco efficaci e utili a ridurre la tendenza del top management ad incassare senza pietà e nei momenti migliori le proprie opzioni.
Lo scenario come dicevo sta cambiano e anche rapidamente. Un primo e significativo esempio di questo cambiamento è dato da L’Oreal, la multinazionale, ha infatti deciso di abbandonare il sistema delle stock option quale strumento di fidelizzazione del top management, preferendo altre strade orientate alla condivisione di un benessere partecipativo e differente. Leggi il seguito di questo post »
Uomini e donne
Era il 1977 quando venne approvata la famosa legge 903 la c.d. legge (Anselmi) sulle pari opportunità. Sono passati trentatre anni, un tempo sufficientemente lungo si potrebbe pensare, per affermare che il problema delle parità di trattamento tra uomini e donne sia definitivamente risolto, in realtà possiamo tranquillamente affermare il contrario; pur essendo passato un terzo di secolo, il problema in Italia (e non solo) esiste ed è ben radicato.
Andando a consultare la relazione annuale della Banca d’Italia, si legge a pagina 106 un dato drammatico relativo alla parità di retribuzione tra uomini e donne, un dato che a dire il vero segna una costante nel tempo. Leggi il seguito di questo post »
Extracomunitari: una risorsa per la competitività delle imprese
Da più fronti emerge chiaramente che le persone straniere che lavorano in Italia i c.d. extracomunitari, rappresentano realmente una risorsa, addirittura per qualche imprenditore insostituibile. Fin qui non posso che essere concorde con questa visione, di fronte ad un mondo che continua a cambiare, anche le abitudine e le aspettative di lavoro mutano, quindi l’ingresso di nuove persone all’interno del nostro territorio non può che riequilibrare questa divergenza di aspettative e di prospettive.
Il vero elemento da tenere sottocontrollo riguarda tuttavia la retribuzione percepita dai lavoratori stranieri in Italia, secondo infatti il Rapporto sulle economie regionali della Banca d’Italia, emerge che il reddito degli stranieri è in media inferiore dell’11% rispetto a quello percepito da un lavoratore italiano, questo dato è sostenuto dal fatto che spesso lavoratori stranieri hanno una scolarità inferiore rispetto agli italiani e quindi si occupano di mansioni inferiori.
Questa interpretazione appare del tutto legittima, tuttavia può diventare un segnale di allarme nel momento in cui assistiamo a generalizzazione di trattamento, in alcune realtà o mercati, non viene neppure dato modo allo straniero di dimostrare la propria scolarità, semplicemente per il fatto di essere straniero riceve un trattamento differente.
Detto così sembra di leggere un trattato di economia degli anni 30 in realtà è quello che spesso accade a molti immigrati che si confrontano con il nostro tessuto imprenditoriale, senza considerare il tasso di lavoro sommerso “offerto” agli stranieri.
Se si vuole costruire un’economia civile e socialmente responsabile bisogna considerare il valore che gli immigrato sono in grado di portare al nostro territorio, in primis il fatto che sono una risorsa economica, fiscale e soprattutto previdenziale.
Solo gli imprenditori o i manager che si trovano a dirigere imprese leader e competitive ad alto utilizzo di manodopera, come ad esempio espresso molto bene – in un intervista apparsa su La Stampa qualche settimana fa – di Mario Carraro presidente di Carraro Group di Campodarsego (PD) leader mondiale nella meccanica, riescono veramente a capire il valore che lo straniero è in grado di offrire, scontrandosi spesso con leggi incoerenti e non utili ad uno sviluppo sostenibile.