management
Sbagliando si impara #1
Mia nonna Pina era solita dire “Chi non fa non sbaglia!”. Questo post, tuttavia non è dedicato alle nonne o ai ricordi, ma ad una rubrica realizzata da Newton in collaborazione con il Sole 24 ore.
L’idea della rubrica “Sbagliando si impara” (che uscirà ogni martedì) è quella di approfondire temi di interesse manageriale in stile Newton. All’interno della rubrica troverete sempre una video pillola della nuovissima collana “Workmachine. Missione: apprendere dagli umani” realizzata da Newton Factory; si tratta di pillole di satira aziendale in cui affrontiamo temi manageriali complessi o di tendenza; oltre alla pillola è anche presente un approfondimento coerente con il tema trattato. Leggi il seguito di questo post »
Il manager deve essere prudente?
Prudenza: cosa vi viene in mente? Qualunque sia la vostra interpretazione del termine prudenza, vale la pensa rileggere questo ottimo saggio di Stefano Zamagni della collana “Parole controtempo” del Il Mulino.
Lo propongo anche a voi, perché questa lettura consente di superare (almeno ha consentito a me di superarli) i possibili pregiudizi rispetto al termine.
Zamagni accompagna il lettore nel concepire la prudenza come virtù che consente di assumere una prospettiva non solo di breve periodo ma anche di medio e di lungo periodo. Capite bene quindi che già solo questo motivo, rende la lettura piacevole e coerente con il pensiero di managerialità sostenibile. La prudenza non ha e non ha avuto solo e sempre un’accezione di avversità al rischio, ma anche di profondità, di rispetto per gli altri, di assunzione di punti di vista altrui. Provate per credere e fateci sapere. Leggi il seguito di questo post »
Una nuova definizione di Management Sostenibile
Sono passati circa 10 anni dalla prima definizione di management sostenibile. Il concetto di contaminazione tra profit e non profit era uno dei pilastri di base dell’ispirazione, a questo ho unito una nuova visione e analisi delle prassi di CSR che allora stavano crescendo in maniera sicuramente interessante. La contaminazione e la sostenibilità rappresentando quindi gli ingredienti fondamentali di un modo diverso di interpretare il modo di gestire le imprese, ma soprattutto le persone.
La nascita di questo blog non voleva e non vuole essere una sintesi o un bignami delle più emergenti teorie manageriali, ma un osservatorio della realtà quotidiana vista con lenti di osservazioni differenti. Leggi il seguito di questo post »
La deresponsabilizzazione dell’art.18
In questi giorni di nuova discussione sull’art.18 dello statuto dei lavori, emergono differenti punti di vista.
L’attualità dell’argomento con estensione o validità solo per i neo assunti, fa nascere differenti reazioni, in primis quelle di chi non crede che l’abolizione dello stesso possa incrementare l’occupazione.
Sul tema ho cercato di esplorare differenti punti di vista e vorrei condividere con voi il mio.
L’assunto di base di chi non crede nell’incremento dell’occupazione si basa sul fatto che oggettivamente non ci sia lavoro e quindi questa azione non porti che ad uno svantaggio per tutti indebolendo i diritti dei lavoratori. Io penso che questo assunto sia solo in parte vero. E’ evidente che rispetto ad altri momenti storici l’offerta di lavoro sia limitata, tuttavia è limitata altrettanto la domanda di lavoro qualificata e quindi in grado di essere utile alle aziende che ancora oggi per scelta o per necessità stanno cercando nuovi lavoratori. Leggi il seguito di questo post »
Il Mago di Esselunga
Da circa 15 giorni in tutti i punti vendita Esselunga viene regalato un DVD “Il mago di Esselunga”, dove nel retro di copertina, si vedono immagini dello stabilimento e dei magazzini. All’inizio pensavo alla solita docu-fiction poi, su insistenza di mia figlia, l’ho inserito nel lettore e ho visto la firma di Giuseppe Tornatore, la curiosità ovviamente è aumentata, volevo capire perché un premio Oscar avrebbe dovuto impegnarsi in un prodotto promozionale per una catena di supermercati….. L’ho visto tutto, non sono esperto cinematografico, posso solo dire che mi ha stupito (a mia figlia è piaciuto moltissimo…) positivamente non tanto per il contenuto quanto per il messaggio e per l’opportunità manageriale che può risiedere dietro a questo prodotto. Leggi il seguito di questo post »
“Venerdì casual” o “Venerdì incoerenza”?
Premessa: oggi tratto un tema “leggero”… forse.
Il management sostenibile si basa anche sui dettagli, quei dettagli che contraddistinguono lo stile di vita all’interno di un’organizzazione. La breve riflessione di oggi si concentra sulla tradizionale usanza di non indossare la “divisa” di lavoro il venerdì.
“Venerdì casual” si dice, e così basta entrare in un’azienda il venerdì per rendersi immediatamente conto dell’assurdità dei codici forzati che governano anche i comportamenti delle singole persone all’interno delle organizzazione.
Tutto ciò inizia già alle elementari con la “sindrome del grembiulino”, ricordo con felicità, quando la Maestra ci permetteva di non indossare il grembiulino “nero”, era un evento accolto con soddisfazione da tutti i bambini, quasi vedendo in quella divisa un vincolo all’apprendimento ma soprattutto al divertimento, subìto come un’omologazione forzata che spesso si contrappone alla creatività e all’immaginazione dei bambini.
La stessa sensazione lo ritrovo oggi dopo oltre 30 anni negli adulti, basta entrare negli uffici di alcune aziende il venerdì per rendersi conto che la miglior definizione di quella scelta è “venerdì incoerenza”, non “venerdì casual”.
Capita infatti di vedere manager che lunedì sfoggiano un doppiopetto elegantissimo, e il venerdì, quasi in segno di “liberazione”, indossano al contrario una polo multicolore comprata in qualche saldo l’estate precedente e ovviamente di dubbio gusto…
Il manager di venerdì non lavora? Non incontra i clienti, o collaboratori? Non prende le decisioni? Solo se la risposta a queste tre domande è NO possiamo accettare simili comportamenti in caso contrario è forse opportuno ripensare a questa finta libertà presente in molte realtà aziendali.
L’organizzazione riesce a dare il meglio quando, come più volte affermato, esiste coerenza di comportamenti. Oggi ho portato ad esempio superficiale che forse ha poco a che fare con il management sostenibile, ma che in realtà è proprio il riflesso di un modo di concepire la vita all’interno delle aziende…
Se pensate a questa breve riflessione, non è assurdo secondo voi, che sia scritta una regola per cui il venerdì si può andare in ufficio casual? E se il martedì penso di fare le stesse attività del venerdì, perché non posso andare casual anche il martedì? Le regole devono essere sostituite dalla diffusione della responsabilizzazione dei comportamenti individuali a partire da chi ha il ruolo di governare le organizzazioni. In questo caso anche i dettagli fanno la differenza….
Leggerezze manageriali
Qualche settimana fa appariva su “La Stampa” un’interessante intervista a Gregory Alegi, docente all’Accademia aeronautica e alla Luiss (dove insegna gestione delle compagnie aeree) a proposito dei continui incidenti aerei che si stavano verificando. Le situazioni descritte nell’articolo portano alla luce un contrasto spesso presente nelle organizzazioni, riduzione dei costi, meno assunzioni, meno formazione e quindi meno attenzione alle persone. Tale situazione non sempre porta a situazione drammatiche, tuttavia è un chiaro indicatore di insostenibilità manageriale, soprattutto dove una mancanza di attenzione può dar vita a conseguenze difficili da gestire. Il caso delle compagnie aeree non è ovviamente isolato, spesso si preferisce agire su aspetti apparentemente meno strategici e più semplici da governare rispetto ad un’analisi più attenta e profonda degli scenari in cui opera la stessa organizzazione. Comportamenti come quelli descritti da Alegi, li ritroviamo spesso in piccolissime realtà, dove per estrema necessità si è a volte costretti a ridurre il personale e la formazione, è difficile tuttavia giustificarli in colossi multinazionali che operano nel settore del trasporto aereo.
Non mi risulta che Ryanair ed Easyjet abbiamo mai pubblicato un CSR report, sarebbe interessante capire come poter giustificare tale azioni nell’ottica della sostenibilità.
Riporto di seguito l’intervista di Luigi Grassia, pubblicata il 27 agosto sul quotidiano “La Stampa”
Intervista LUIGI GRASSIA C’e’ una sindrome estiva nel trasporto aereo. In agosto – lo dicono le cronache di quest’anno e quelle degli anni passati – si registra un picco di incidenti. Come mai? Gregory Alegi, docente all’Accademia aeronautica e alla Luiss (dove insegna gestione delle compagnie aeree), comincia col mettere il dito in due piaghe: «D’estate viene assunto molto personale stagionale per le operazioni a terra. Non sempre il livello di addestramento e’ adeguato. E questo puo’ portare a uno stillicidio di eventi negativi, che non arrivano ai giornali e alle tv. Per esempio: durante il carico e lo scarico di cibo e bagagli possono esserci tamponamenti fra aerei e macchine su ruota. Poi aumenta il rischio delle cosiddette ”runaway intrusion”: in parole povere, due o piu’ aerei entrano sulla stessa pista. Non dico che queste cose sfocino in veri incidenti, ma sono sintomo di un sistema complessivo del trasporto aereo che tende a operare ai limiti». Questo problema riguarda solo le operazioni a terra? «No, anche il personale di volo. Ci sono hostess e steward assunti solo per l’estate. Gli assistenti di volo hanno un ruolo nella gestione delle emergenze e, se non sono ben preparati ad affrontarle, possono aggravarne le conseguenze. Di nuovo, non dico che questo debba necessariamente capitare: nel caso dell’aereo di RYANAIR e di quello di Easyjet di qualche giorno fa, hostess e steward se la sono cavata egregiamente. Comunque il sistema tende al limite. Anche per i piloti». Non ci saranno anche assunzioni di piloti stagionali? «Anche peggio. Una volta c’erano tre piloti per aereo, adesso solo due, e c’e’ una tendenza a ridurli a uno. Per esempio in Australia il comandante puo’ essere affiancato non da un vero secondo pilota ma da un ”Mpl” che e’, in sostanza, un pilota con un’abilitazione parziale. In Europa la compagnia danese Sterling volava con questi Mpl, e adesso che sta ristrutturando non c’e’ nessuno che voglia assumere questi mezzi piloti, perche’ non sono ritenuti abbastanza qualificati. Eppure un secondo pilota serve: capita solo una volta all’anno, in tutta Europa, che il comandante abbia un infarto (mi pare sia successo l’ultima volta con la British), ma, se il secondo pilota non e’ in grado di far atterrare l’aereo, come si fa? Non bisognerebbe portare la sicurezza ai limiti per risparmiare sugli stipendi, ma purtroppo la tendenza e’ questa». Le low cost sono piu’ pericolose? «Pur senza violare le regole, tendono a spingere i turni di lavoro al limite del consentito. D’altra parte, le grandi compagnie low cost e charter hanno aerei molto piu’ nuovi e piu’ efficienti di quelle di linea».