cultura aziendale

Serve ancora timbrare il cartellino?

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Francamente penso di no! Il problema del timbrare o meno il cartello non rientra solo in una logica di controllo/fiducia che condiziona la cultura aziendale, va ben oltre. Timbrare o strisciare il badge identifica principalmente il lavoro come l’occupazione del tempo di una risorsa, spesso,  non sempre, poca importa cosa fai e come lo fai. Questo concetto di lavoro ha condizionato sia le organizzazioni che il pensiero del lavoratore, ed a volte si è verificato un condizionamento involontario reciproco. Leggi il seguito di questo post »

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Non basta lavorare di più per sostenere la crescita

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Ancora una volta riappare sui quotidiani un tema in questi anni dibattuto legato alla produttività del nostro Paese e alla necessità di lavorare più giorni, con la speranza di aumentare la produttività e il PIL.

Sostenitore di questa idea il sottosegretario all’economia Gianfranco Polillo, che con un ragionamento totalmente lineare sostiene una perfetta correlazione tra il numero di giorni lavorati e l’aumento della produttività, perdendo di vista una serie di elementi che incidono molto più della presenza fisica al lavoro. Leggi il seguito di questo post »

Gomito a gomito divergente

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Quando si sente l’espressione “gomito a gomito” suppongo che anche a voi venga in mente una situazione in cui due  o più persone lavorano o in generale conducono un’attività con lo stesso  obiettivo, condividendo gli sforzi ma anche i risultati.

In realtà ciò che voglio raccontarvi è frutto di una lunga osservazione di ciò che accade all’intero di organizzazione complesse, sia profit e che non non, dove convivono persone che pur lavorando “gomito a gomito”, non solo non sono consapevoli di non condividere lo stesso obiettivo, ma svolgono attività che pur erogate con la buona fede portano a distinti risultati.

Perché accade tutto questo? Il fine comune all’interno di un’organizzazione dovrebbe essere lo stesso per tutti, tuttavia, pare che per differenti motivi, spesso di poco conto e altre volte frutto di una totale incoerenza, non sempre sia vero.

Le organizzazioni che si strutturano attraverso strutture centralizzate sui territori sono quelle chè più soffrono il problema del gomito a gomito divergente, ovvero la direzione centrale pensa e lavora per arrivare ad una meta, le strutture decentrate, pur condividendo il fine, interpretano a loro volta il mandato, in alcuni casi, migliorando l’intento iniziale, in altre distruggendole o rendendolo snaturato e quindi inefficace. Leggi il seguito di questo post »

Il Mago di Esselunga

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Da circa 15 giorni in tutti i punti vendita Esselunga viene regalato un DVD “Il mago di Esselunga”, dove nel retro di copertina, si vedono immagini dello stabilimento e dei magazzini. All’inizio pensavo alla solita docu-fiction poi, su insistenza di mia figlia, l’ho inserito nel lettore e ho visto la firma di Giuseppe Tornatore, la curiosità ovviamente è aumentata,  volevo capire perché un premio Oscar avrebbe dovuto impegnarsi in un prodotto promozionale per una catena di supermercati….. L’ho visto tutto, non sono esperto cinematografico, posso solo dire che mi ha stupito (a mia figlia è piaciuto moltissimo…) positivamente non tanto per il contenuto quanto per il messaggio e per l’opportunità manageriale che può risiedere dietro a questo prodotto. Leggi il seguito di questo post »

“Effetto weekend”: la vera medicina al lavoro è il weekend?

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E infatti questo l’esito di un’interessante ricerca realizzata da Ryan Richard e pubblicata qualche mese fa sul Jurnal of Social and Clinical Psycology. Ryan ha scoperto che il lavoro qualunque sia la mansione, la responsabilità e la retribuzione percepita produce un livello di malessere che riesce ad essere colmato solamente con l’astensione dallo stesso ovvero con i due giorni di riposo assicurati dal week-end.

La possibilità di trascorre due giorni senza essere sottoposti ai condizionamenti fisici e psichici del lavoro portano ad una migliore condizione di vita della persona. In particolare la ricerca afferma che nel week-end la persona ha l’opportunità di disporre autonomamente del proprio tempo decidendo in autonomia di dedicarlo a ciò che ritiene più importante.

La notizia che vi ho riportato può far emergere facili e banali pensieri circa l’insoddisfazione e la motivazione che si genera sul posto di lavoro, la riflessione interessante è tuttavia un’altra.

Il manager che si trova a dove prendere decisioni che andranno ad impattare direttamente o indirettamente sulla vita di altre persone oggi ha un altro vincolo da considerare dato appunto dall’effetto week-end.

E’ possibile trasferire nella vita quotidiana di un’organizzazione aziendale (ma non solo) le stesse condizioni di vita che si perseguono nel week-end? Il lavoro in termini quantitativi occupa la maggior parte del nostro tempo, è possibile far in modo che questo tempo non sia vissuto come imposizione ma come scelta consapevole?

Di chi sono le maggiori responsabilità nel generare benessere all’interno di un’organizzazione? Sono queste alcune delle domande a cui dovrebbe rispondere un management orientato dai comportamenti sostenibili.

Alcune organizzazioni hanno inserito tra gli obiettivi dei manager il benessere percepito dai propri collaboratori, una forma sicuramente utile per diminuire il rischio di comportamenti incoerenti e dannosi per le persone che lavorano all’interno dell’organizzazione stessa, tuttavia tali indicatori dovrebbero avere una ricaduta non solo sui comportamenti dei singoli manager che sono valutati, ma su tutti i processi aziendali, diventando un patrimonio culturale dell’azienda.

Il benessere percepito si traduce indirettamente in un”benessere” per l’azienda, portando risultati migliori anche in termini di performance. Spesso la visione a brevissimo periodo, o la turbolenza degli scenari impedisce di agire in maniera parallela sul benessere delle persone e sui risultati di business, con il risultato di far predominare i secondi sui primi giustificando questa scelta con un eventuale premio in denaro.

L’equazione beneficio = sacrificio(malessere) + bonus tende sempre più spesso a dare una somma negativa, dovuta al fatto che gli eventuali bonus sono sempre più risicati e che l’importanza del benessere ha un valore sempre più alto soprattutto per le nuove generazioni.

La ricerca di Ryan diventa quindi un interessante spunto per ragionare sui comportamenti individuali, sui comportamenti collettivi e sul legame tra i processi di business e la generazione del benessere aziendale.

Una nuova “cultura” in Chrysler

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Fa notizia il fatto che l’arrivo di Sergio Marchionne in Chrysler sia stato segnato da alcuni importanti avvenimenti primo dei quali aver rinunciato ad un ufficio “suite”, trasferendo la sua postazione operativa dal 15° piano al quarto piano, ovvero al centro di coordinamento tecnico.

Marchionne ha quindi intenzione di applicare anche in Chrysler lo stesso stile manageriale che ha consentito a Fiat di superare una difficile situazione di crisi rilanciandola sul mercato mondiale dell’auto.

In sintesi lo stile Marchionne prevede una sua presenza  ed una vicinanza stretta a tutto il management per riuscire a condividere, ma anche a guidare la nuova squadra verso un difficile percorso di rinascita.

La vera notizia che deve farci riflettere è tuttavia un’altra, non riguarda le capacità del top  manager italiano, quanto il fatto che, rinunciare ad alcuni status di riconoscimento, generi più clamore rispetto alle performance che prevede di raggiungere.

Più volte ho parlato di cultura aziendale, e di cambiamento manageriale, entrambi gli stati possono essere raggiunti attraverso continui e significativi passi verso una nuova e diversa direzione che passa anche attraverso l’eliminazione o la sostituzione apparenti ed inutili “status” che oggi non hanno più significato di esistere (forse no lo hanno mai avuto).

Ancora una volta la coerenza diventa un elemento centrale per riuscire a vincere sfide sempre più complesse, se il messaggio che il top management vuole lanciare a tutti i collaboratori (di ogni ordine e grado) è quello di “rimboccarsi le maniche”, è evidente che il primo a dar l’esempio non può che essere colui che sarà preposto a guidare l’intera organizzazione.

Anche questo è un pensiero banale che tuttavia non sempre viene rispettato e considerato. Sono molte le organizzazione in cui ancora oggi trovi ad esempio ascensori dedicati ai “dirigenti”… immaginate voi quale interpretazioni possono farsi i non “dirigenti” di quell’inutile status….

In sintesi il “Marchionne Style” può essere riassunto come il buon senso all’interno di un’organizzazione, avendo il coraggio di superare ogni paradigma e guardando al futuro con gli occhi di crede nella possibilità di cambiare le cose.

Produttività nell’era di Facebook

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La Faceboock mania dilaga, e non solo nel tempo libero, pare che sempre più spesso all’interno delle aziende si faccia un uso spropositato dei social network. Di fronte a questa condizione ho assistito negli ultimi periodi a comportamenti sconvolgenti, sentendo addirittura imprenditori e manager minacciare di inibire l’accesso ad internet all’interno delle loro organizzazioni.

Sono convinto che questo pensiero sia circolato nella testa di molti imprenditori e manager, forse non così estremo, ma sicuramente focalizzato sulla limitazione dell’accesso almeno ai social network.

Ricordo con lucidità, quando nel 2003 (non un secolo fa) presso un’azienda multinazionale realmente leader nel suo settore, chiesi di poter utilizzare una loro postazione per poter verificare con Google l’esattezza di un’informazione, la risposta fu negativa semplicemente per il fatto che la navigazione in internet era riservata solamente ai Dirigenti!!!!! Oggi anche quella realtà ha dovuto adeguarsi alle nuove esigenze, liberando l’accesso alla rete a tutti i dipendenti senza discriminazione….

La stessa situazione la potremmo oggi vivere con Facebook, pensando che per arginare il fenomeno sia sufficiente inibirne l’accesso, in realtà il problema della “distrazione” da Facebook, pone una questione ben più seria relativa al livello di responsabilizzazione delle persone all’interno delle organizzazioni. Inibire o sottrarre l’utilizzo rappresenta una sconfitta manageriale, significa ammettere l’incapacità di saper gestire un cambiamento, innescando un meccanismo di minaccia della fiducia stessa, in altre parole significa non essere in grado di governare un’organizzazione.

Come spesso accade occorre sempre più spesso investire nella creazione della cultura manageriale diffusa, piuttosto che correre al riparo rispetto a situazioni occasionali apparentemente difficili da gestire o da arginare. Oggi è Facebook, domani …..non si sa… l’unica certezza e che qualcuno prima o poi (molto prima che poi) troverà qualche altro evento a cui dare la COLPA!!!

Coerenza please!!!

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Quanta importanza affidono alla coerenza dei comportamenti e delle azioni le organizzazioni? La coerenza è considerabile un asset strategico? Può esistere una strategia senza coerenza? Il tema centrale di questo post e  la coerenza in tutte le sue forme ed interpretazioni, elemento centrale e fondamentale per la sostenibilità delle azioni all’interno delle organizzazioni.

Poco tempo sono stato coinvolto, da un azienda multinazionale leader nel settore in cui opera, in un percorso formativo orientato allo sviluppo manageriale del personale di direzione.

Un buon progetto, utile e ben congegnato che pone al centro le persone attraverso un percorso formativo strutturato e finalizzato a crescere professionalmente; insomma un progetto che cerca realmente di valorizzare le persone.

Mi sono trovato in aula ad affrontare importanti temi legati alla cultura organizzativa, delineando uno scenario ideale che apparentemente si avvicinava a quello che si poteva vivere all’interno di quella organizzazione.

La mia percezione è cambiata poco dopo, quando camminando per i corridoi, un “simpatico” cartello colorato indicava: “uscita maestranze” ho subito pensato ad uno scherzo!

Il termine “maestranze” pensavo fosse presente solamente sui testi di storia industriale, ed invece no!

Una realtà leader che si impegna in un serio programma di sviluppo e valorizzazione delle persone, non capisce che quel cartello, pur avendo probabilmente un impatto poco significativo sul business, sicuramente è indice incondizionato di mancanza di coerenza.

Come si può conciliare il concetto di valorizzazione delle persone con il termine “maestranze”?

Per chi legge può sembrare strano dedicare un intero post ad un termine, in realtà non si tratta solo di un termine, ma di un concetto e di un approccio che è più che radicato all’interno di quella realtà.

Chi vive all’interno di quell’organizzazione probabilmente non dà più alcun peso a quel cartello innocente  probabilmente perché vive all’interno di un paradigma, lo sforzo che tuttavia bisogna riuscire a sostenere è quello di costringersi ad uscire da quel tipo di paradigma dimostrando atteggiamenti che siano realmente coerenti tra loro.

Il rischio di trasmettere messaggi tra loro in contrapposizione potrebbe ripercuotersi indirettamente sull’intera validità di qualunque progetto di sviluppo e valorizzazione delle persone.

Il motto quindi è uno solo: “coerenza please!”