Toyota
La tua Toyota è la mia Toyota
Dopo ERG e Fastweb, anche Toyota utilizza una forma di pubblicità che pone al centro la responsabilità individuale (e collettiva) delle persone che lavorano all’interno dell’organizzazione. Questo tipo di pubblicità, può essere considerato una forma di CSR, che pone al centro da un lato l’importanza affidata alle singole persone che realizzano la vettura, dall’altro la centralità del cliente. Sempre più spesso in momenti di difficoltà o cambiamento, torna il motto “noi ci mettiamo la faccia”, lo aveva già fatto ERG con la campagna territoriale direttamente presso i distributori esponendo in primis il gestore, lo ha fatto Fastweb immediatamente dopo il caso Scaglia, proponendo una decina uscite consecutive su tutti i quotidiani nazionali, ed ora lo sta facendo Toyota.
La domanda vera è: quanto è efficace una campagna di questo tipo? Lascio la risposta sull’efficacia della campagna pubblicitario lato cliente esterno agli esperti di marketing e comunicazioni, prendo in considerazione l’efficacia all’interno dell’organizzazione. Può essere molto efficacia solo se all’interno dell’organizzazione esiste una coerenza manageriale, ovvero se anche prima della campagna la percezione delle persone era effettivamente quella di essere al centro dell’organizzazione stessa.
Se l’organizzazione ha sviluppato un ambiente e una cultura aziendale all’interno del quale per persone sono dotate della giusta autonomia e del giusto allineamento verso una visione condivisa, allora questa è sicuramente la strada corretta; al contrario se si stratta solamente di un meccanismo di comunicazione e di promozione, può generare effetti controproducenti già nel breve periodo.
Abusare dell’immagine delle persone all’interno di un’azienda può essere pericoloso solamente se le persone non si sentono coinvolte ed hanno un senso di appartenenza molto basso, negli altri casi può risultare efficace. Ancora una volta la parola d’ordine è coerenza.
La cassa integrazione di Schumi
Mi capita raramente di soffermarmi sulle pagine sportive dei quotidiani, non sono un grande tifoso, ma la vicenda del passaggio di Schumacher dalla Ferrari alla Mercedes di Ross Brawn ha colpito la mia attenzione.
Non ho intenzione di commentare la scelta sportiva di Schumacher (di questa notizia potete trovare approfondimenti e riflessioni sicuramente più precise e interessanti delle mie) ma le conseguenze che si sono scatenate all’interno dell’azienda Mercedes, sponsor della scuderia condotta da Brawn.
Negli scorsi giorni infatti molti operai in cassa integrazione hanno protestato per l’ingaggio milionario di Schumi, si parla ufficialmente di 7 milioni di euro all’anno (ufficiosamente sono circa 20 milioni all’anno).
E’ normale la reazione degli operai Mercedes che da mesi percepiscono uno stipendio ridotto a causa della cassa integrazione? Direi di si, tuttavia anche in questo caso vale la pena, per non finire nella banalità delle opinioni e del qualunquismo, analizzare i comportamenti del management e del sindacato.
Da un lato Norbert Haug direttore sportivo della Mercedes afferma che l’ingaggio di Schumi farà vendere un numero maggiore di auto e quindi porterà un beneficio anche agli operai cassaintegrati, dall’altro lato il sindacato Mercedes definisce inaccettabile uno stipendio a sei zeri in un momento di crisi come quello che sta vivendo la casa di Stoccarda.
Anche in questo caso sembra che la verità sia di entrambe le parti, quindi chi ha ragione e chi ha torno? Forse entrambi o forse nessuno, dipende il punto di vista che su vuole assumere. Considerando la questione nell’ottica di una gestione manageriale sostenibile si potrebbe affermare sicuramente che la responsabilità maggiore sia del management Mercedes, che forse ha sottovalutato l’importanza di condividere anche queste scelte con il sindacato (dove per condivisione si intende una maggiore informazione e non una negoziazione) mostrando un disegno strategico più ampio non solo al sindacato ma a tutte le persone che lavorano in Mercedes, in altre parole, se non è stato fatto, conveniva prevedere meglio le possibili reazioni delle persone che questa volta hanno protestato pubblicamente in altri momenti avrebbero semplicemente reagito esercitando un “mugugno” invisibile ma altrettanto problematico.
Allo stesso modo anche i comportamenti dei sindacati dovrebbero iniziare a prendere una strada diversa alla semplice contrapposizione di potere, la protesta in questione in linea di principio può apparire giusta, tuttavia diventa banale e indifendibile se collegata semplicemente alla retribuzione del pilota, il problema o i problemi sono probabilmente altri anche se spesso appare più semplice cavalcare proteste popolari e/o mediatiche.
Sarebbe interessante in questo particolare momento storico considerare i valori aziendali. Supponendo infatti che Mercedes abbia dei valori condivisi, sarebbe interessante comprendere come questi valori siano coerenti rispetto alla scelta fatta nei confronti del sindacato e di Schumacher. Allo stesso modo il sindacato invece di cavalcare una protesta sterile avrebbe potuto rivalersi sui valori aziendali chiedendo coerenza al management rispetto alla scelta di ingaggiare Schumacher o più in generale di continuare ad investire milioni di euro nella F1 in controtendenza rispetto ad altre importante realtà automobilistiche quali Toyota, Honda e BMW che hanno deciso di abbandonare i circuiti di F1.