coerenza
Se gli stipendi scendono troppo la competitività diminuisce
Esiste una correlazione tra gli stipendi, l’impegno e la competitività di un’impresa? I ragionamenti sul triplice legame tra motivazione, soddisfazione e retribuzione sono stati approfonditi negli anni da molti esperti del settore, la letteratura è infatti ricca di interessanti teorie che ogni giorno possono trovare riscontro all’interno di molte organizzazioni aziendali. Il focus di questo post è tuttavia un altro.
In seguito alla grande recessione del 2008-2009 il fenomeno della diminuzione degli stipendi (soprattutto americana) ha subito un’accelerazione incredibile tanto da diventare un fenomeno economico e manageriale preoccupante. Ciò che appare ancora più preoccupante sono i comportamenti dei datori di lavoro. Leggi il seguito di questo post »
Codici etici, Croce Rossa e Dow Jones Sustainability Index
Questo post nasce da un’iniziativa che mi ha stupito non solo per la forma ma per il modo con cui è stata concepita, mi riferisco all’ideazione del codice etico della Croce Rossa Italiana.
Pochi giorni fa il Commissario Nazionale, quindi una figura esterna alla Croce Rossa (imposta dall’attuale Governo) ha presentato con estrema fierezza il codice etico della Croce Rossa Italiana, dichiarando di avere risposto ad una richiesta del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Vorrei considerare due aspetti, il primo relativo all’utilità di un codice etico all’interno della Croce Rossa Italiana, ed un secondo più ampio relativo all’utilità di un codice etico all’interno di un’organizzazione for profit.
La distinzione infatti non è banale. Il codice etico dovrebbe essere espressione di comportamenti, ma anche di regole etiche e morali a cui ogni individuo aderente all’organizzazione dovrebbe attenersi per assumere nei confronti dell’esterno (ma anche dell’interno) un comportamento coerente con i valori che l’organizzazione ha intenzione di esprimere. Leggi il seguito di questo post »
Benessere in contratto
Si può tradurre la cultura aziendale in azioni concrete, coerenti e semplicemente comprensibili da tutte le persone che vivono all’interno dell’organizzazione?
La risposta teorica è sicuramente affermativa, ma questa volta anche concretamente siamo in grado di fare un esempio.
Technogym, azienda leader mondiale nella produzione di macchinari per il benessere, la cui filosofia è wellness life style ha, da dieci anni a questa parte, inserito all’interno del contratto integrativo, la possibilità di ottenere premi aziendali in funzione della diminuzione degli incidenti sul lavoro. Leggi il seguito di questo post »
Il “Mi manda Rai Tre” Index
Ogni tanto, quando proprio non trovo niente di meglio in TV mi capita di guardare la sempre interessante ed educativa trasmissione “Mi manda Rai Tre”, venerdì sera ho visto quasi tutta la puntata e da qui nasce questo mio post.
Potremmo immaginare di costruire un indicatore di credibilità, ma anche di coerenza rispetto alle politiche di responsabilità sociale intitolato “Mi manda Rai Tre index” basta infatti vendere come reagiscono le imprese coinvolte nei fatti raccontati dai telespettatori (clienti delle stesse aziende) per rendersi conto non solo dell’incapacità di gestire un momento di criticità (reclamo) ma anche della superficialità con cui vengo liquidati i problemi legati a servizi o prodotti non coerenti con le aspettative di acquisto.
Siamo nell’era in cui il presidente di Toyota chiede pubblicamente scusa (in seguito ai recenti richiami su più veicoli) addirittura su youtube, pensando giustamente ad un canale di comunicazione realmente universale e capillare, e nello stesso tempo ci sono ancora aziende non solo italiane che si permettono di non presentarsi in una trasmissione televisiva nazionale per parlare di presunte irregolarità, problematiche o aspettative insoddisfatte relative ai loro prodotti o servizi. Già questo appare di per sé irrealistico e poco efficace, sia per la tutela dell’immagine esterna, sia per il senso di appartenenza interno che si genera tra i collaboratori dell’azienda.
Per un attimo venerdì sera mi sono messo nei panni di un collaboratore di una delle aziende leader di elettrodomestici coinvolte nel problema (rottura di un piano di cottura di cristallo) citato dalla trasmissione, la prima cosa che mi è venuta in menta non è stata sicuramente positiva, trovavo difficile giustificare un simile comportamento soprattutto il fatto che nessuno fosse presente per confrontarsi su un possibile problema. Il problema si aggrava nel momento in cui verifico le azioni di CSR o più semplicemente i valori pubblicati sui rispettivi siti internet di queste aziende leader, cito testualmente alcuni valori “i nostri valori sono la priorità ogniqualvolta serviamo il cliente: i nostri valori sono: Rispetto… Integrità,… Diversità…… si diventa un’azienda affidabile avendo persone che prendono a cuore questi valori ogni giorno…..”; oppure ancora “I nostri valori sono i principi che indirizzano i nostri comportamenti, possiamo farli vivere non solo con il nostro agire… i valori sono: Accessibilità… Semplicità…. Responsabilità, agiamo in modo responsabile e rispettiamo l’ambiente, le differenti culture e gli altri; in questo modo le persone ci accolgono con fiducia nelle loro case”.
E quindi semplice comprendere che ha volte i comportamenti assunti da un management sempre più autoreferenziale porta ad una distanza incomprensibile non solo con i propri clienti ma soprattutto con i propri collaboratori. Se il rischio di non essere visti dai potenziali clienti (non tutti guardano mi manda rai tre) può forse essere accettabile, sicuramente non lo è verso le centinaia di dipendenti che ogni giorno credono e lavorano per consolidare un senso di appartenenza che con simili gesti non può che distruggersi .
Vedere come reagiscono le aziende coinvolti nei casi di “Mi manda Rai Tre” è quindi un indicatore anche sul modo in cui si vive, si lavora e si cresce all’interno di quelle aziende e non solo sulla reputazione commerciale.
La cassa integrazione di Schumi
Mi capita raramente di soffermarmi sulle pagine sportive dei quotidiani, non sono un grande tifoso, ma la vicenda del passaggio di Schumacher dalla Ferrari alla Mercedes di Ross Brawn ha colpito la mia attenzione.
Non ho intenzione di commentare la scelta sportiva di Schumacher (di questa notizia potete trovare approfondimenti e riflessioni sicuramente più precise e interessanti delle mie) ma le conseguenze che si sono scatenate all’interno dell’azienda Mercedes, sponsor della scuderia condotta da Brawn.
Negli scorsi giorni infatti molti operai in cassa integrazione hanno protestato per l’ingaggio milionario di Schumi, si parla ufficialmente di 7 milioni di euro all’anno (ufficiosamente sono circa 20 milioni all’anno).
E’ normale la reazione degli operai Mercedes che da mesi percepiscono uno stipendio ridotto a causa della cassa integrazione? Direi di si, tuttavia anche in questo caso vale la pena, per non finire nella banalità delle opinioni e del qualunquismo, analizzare i comportamenti del management e del sindacato.
Da un lato Norbert Haug direttore sportivo della Mercedes afferma che l’ingaggio di Schumi farà vendere un numero maggiore di auto e quindi porterà un beneficio anche agli operai cassaintegrati, dall’altro lato il sindacato Mercedes definisce inaccettabile uno stipendio a sei zeri in un momento di crisi come quello che sta vivendo la casa di Stoccarda.
Anche in questo caso sembra che la verità sia di entrambe le parti, quindi chi ha ragione e chi ha torno? Forse entrambi o forse nessuno, dipende il punto di vista che su vuole assumere. Considerando la questione nell’ottica di una gestione manageriale sostenibile si potrebbe affermare sicuramente che la responsabilità maggiore sia del management Mercedes, che forse ha sottovalutato l’importanza di condividere anche queste scelte con il sindacato (dove per condivisione si intende una maggiore informazione e non una negoziazione) mostrando un disegno strategico più ampio non solo al sindacato ma a tutte le persone che lavorano in Mercedes, in altre parole, se non è stato fatto, conveniva prevedere meglio le possibili reazioni delle persone che questa volta hanno protestato pubblicamente in altri momenti avrebbero semplicemente reagito esercitando un “mugugno” invisibile ma altrettanto problematico.
Allo stesso modo anche i comportamenti dei sindacati dovrebbero iniziare a prendere una strada diversa alla semplice contrapposizione di potere, la protesta in questione in linea di principio può apparire giusta, tuttavia diventa banale e indifendibile se collegata semplicemente alla retribuzione del pilota, il problema o i problemi sono probabilmente altri anche se spesso appare più semplice cavalcare proteste popolari e/o mediatiche.
Sarebbe interessante in questo particolare momento storico considerare i valori aziendali. Supponendo infatti che Mercedes abbia dei valori condivisi, sarebbe interessante comprendere come questi valori siano coerenti rispetto alla scelta fatta nei confronti del sindacato e di Schumacher. Allo stesso modo il sindacato invece di cavalcare una protesta sterile avrebbe potuto rivalersi sui valori aziendali chiedendo coerenza al management rispetto alla scelta di ingaggiare Schumacher o più in generale di continuare ad investire milioni di euro nella F1 in controtendenza rispetto ad altre importante realtà automobilistiche quali Toyota, Honda e BMW che hanno deciso di abbandonare i circuiti di F1.
Una nuova “cultura” in Chrysler
Fa notizia il fatto che l’arrivo di Sergio Marchionne in Chrysler sia stato segnato da alcuni importanti avvenimenti primo dei quali aver rinunciato ad un ufficio “suite”, trasferendo la sua postazione operativa dal 15° piano al quarto piano, ovvero al centro di coordinamento tecnico.
Marchionne ha quindi intenzione di applicare anche in Chrysler lo stesso stile manageriale che ha consentito a Fiat di superare una difficile situazione di crisi rilanciandola sul mercato mondiale dell’auto.
In sintesi lo stile Marchionne prevede una sua presenza ed una vicinanza stretta a tutto il management per riuscire a condividere, ma anche a guidare la nuova squadra verso un difficile percorso di rinascita.
La vera notizia che deve farci riflettere è tuttavia un’altra, non riguarda le capacità del top manager italiano, quanto il fatto che, rinunciare ad alcuni status di riconoscimento, generi più clamore rispetto alle performance che prevede di raggiungere.
Più volte ho parlato di cultura aziendale, e di cambiamento manageriale, entrambi gli stati possono essere raggiunti attraverso continui e significativi passi verso una nuova e diversa direzione che passa anche attraverso l’eliminazione o la sostituzione apparenti ed inutili “status” che oggi non hanno più significato di esistere (forse no lo hanno mai avuto).
Ancora una volta la coerenza diventa un elemento centrale per riuscire a vincere sfide sempre più complesse, se il messaggio che il top management vuole lanciare a tutti i collaboratori (di ogni ordine e grado) è quello di “rimboccarsi le maniche”, è evidente che il primo a dar l’esempio non può che essere colui che sarà preposto a guidare l’intera organizzazione.
Anche questo è un pensiero banale che tuttavia non sempre viene rispettato e considerato. Sono molte le organizzazione in cui ancora oggi trovi ad esempio ascensori dedicati ai “dirigenti”… immaginate voi quale interpretazioni possono farsi i non “dirigenti” di quell’inutile status….
In sintesi il “Marchionne Style” può essere riassunto come il buon senso all’interno di un’organizzazione, avendo il coraggio di superare ogni paradigma e guardando al futuro con gli occhi di crede nella possibilità di cambiare le cose.