valori

La CSR e il conflitto di interessi

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conflittoAll’interno delle organizzazioni aziendali, esistono molti interessi in comuni, la maggior parte, ed alcuni interessi che apparentemente sono in conflitto tra loro. Uno degli elementi che solitamente genera maggiore conflittualità, alla quale tuttavia viene dato poca importanza è lo sviluppo delle politiche di responsabilità sociale. Per definizione la CSR, va a compensare gli squilibri presenti all’interno dell’organizzazione, facendo emergere potenziali aree conflittuali. Il ruolo delle politiche di CSR dovrebbe essere proprio quello di colmare queste differenze e consentire la trasformazione del conflitto in opportunità. Leggi il seguito di questo post »

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Codici etici, Croce Rossa e Dow Jones Sustainability Index

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Questo post nasce da un’iniziativa che mi ha stupito non solo per la forma ma per il modo con cui è stata concepita, mi riferisco all’ideazione del codice etico della Croce Rossa Italiana.

Pochi giorni fa il Commissario Nazionale, quindi una figura esterna alla Croce Rossa (imposta dall’attuale Governo) ha presentato con estrema fierezza il codice etico della Croce Rossa Italiana, dichiarando di avere risposto ad una richiesta del Comitato Internazionale della Croce Rossa.

Vorrei considerare due aspetti, il primo relativo all’utilità di un codice etico all’interno della Croce Rossa Italiana, ed un secondo più ampio relativo all’utilità di un codice etico all’interno di un’organizzazione for profit.

La distinzione infatti non è banale. Il codice etico dovrebbe essere espressione di comportamenti, ma anche di regole etiche e morali a cui ogni individuo aderente all’organizzazione dovrebbe attenersi per assumere nei confronti dell’esterno (ma anche dell’interno) un comportamento coerente con i valori che l’organizzazione ha intenzione di esprimere. Leggi il seguito di questo post »

Il “Mi manda Rai Tre” Index

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Ogni tanto, quando proprio non trovo niente di meglio in TV mi capita di guardare la sempre interessante ed educativa trasmissione “Mi manda Rai Tre”, venerdì sera ho visto quasi tutta la puntata e da qui nasce questo mio post.

Potremmo immaginare di costruire un indicatore di credibilità, ma anche di coerenza rispetto alle politiche di responsabilità sociale intitolato “Mi manda Rai Tre index” basta infatti vendere come reagiscono le imprese coinvolte nei fatti raccontati dai telespettatori (clienti delle stesse aziende) per rendersi conto non solo dell’incapacità di gestire un momento di criticità (reclamo) ma anche della superficialità con cui vengo liquidati i problemi legati a servizi o prodotti non coerenti con le aspettative di acquisto.

Siamo nell’era in cui il presidente di Toyota chiede pubblicamente scusa (in seguito ai recenti richiami su più veicoli) addirittura su youtube, pensando giustamente ad un canale di comunicazione realmente universale e capillare, e nello stesso tempo ci sono ancora aziende non solo italiane che si permettono di non presentarsi in una trasmissione televisiva nazionale per parlare di presunte irregolarità, problematiche o aspettative insoddisfatte relative ai loro prodotti o servizi. Già questo appare di per sé irrealistico e poco efficace, sia per la tutela dell’immagine esterna, sia per il senso di appartenenza interno che si genera tra i collaboratori dell’azienda.

Per un attimo venerdì sera mi sono messo nei panni di un collaboratore di una delle aziende leader di elettrodomestici coinvolte nel problema (rottura di un piano di cottura di cristallo) citato dalla trasmissione, la prima cosa che mi è venuta in menta non è stata sicuramente positiva, trovavo difficile giustificare un simile comportamento soprattutto il fatto che nessuno fosse presente per confrontarsi  su un possibile problema.  Il problema si aggrava nel momento in cui verifico le azioni di CSR o più semplicemente i valori pubblicati sui rispettivi siti internet di queste aziende leader, cito testualmente alcuni valori “i nostri valori sono la priorità ogniqualvolta serviamo il cliente: i nostri valori sono: Rispetto… Integrità,… Diversità…… si diventa un’azienda affidabile avendo persone che prendono a cuore questi valori ogni giorno…..”; oppure ancora “I nostri valori sono i principi che indirizzano i nostri comportamenti, possiamo farli vivere non solo con il nostro agire… i valori sono: Accessibilità…  Semplicità…. Responsabilità, agiamo in modo responsabile e rispettiamo l’ambiente, le differenti culture e gli altri; in questo modo le persone ci accolgono con fiducia nelle loro case”.

E quindi semplice comprendere che ha volte i comportamenti assunti da un management sempre più autoreferenziale porta ad una distanza incomprensibile non solo con i propri clienti ma soprattutto con i propri collaboratori. Se il rischio di non essere visti dai potenziali clienti (non tutti guardano mi manda rai tre) può forse essere accettabile, sicuramente non lo è verso le centinaia di dipendenti che ogni giorno credono e lavorano per consolidare un senso di appartenenza che con simili gesti non può che distruggersi .

Vedere come reagiscono le aziende coinvolti nei casi di “Mi manda Rai Tre” è quindi un indicatore anche sul modo in cui si vive, si lavora e si cresce all’interno di quelle aziende e non solo sulla reputazione commerciale.

Turbolenza, sostenibilità manageriale e competitività tre fattori che non sempre seguono direzioni unitarie

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Nei mercati turbolenti, più intangibili, dove la qualità del servizio, l’innovazione tecnologica, il rispetto del contesto sociali economico ed ambientale, la concorrenza schiacciante, l’assenza di barriere all’entrata,  il lavoratore della conoscenza  fanno la differenza, esiste una reale tendenza a sperimentare azioni di management sostenibile al fine di incrementare il livello di competitività.

In mercati in cui esistono al contrario forti barriere all’ingresso, dove la componente intangibile (conoscenza e altro) è molto bassa , ed il contributo delle persone apparentemente di basso valore, la tendenza è al contrario quella di celare attraverso una dichiarazione di sviluppo sostenibile un approccio manageriale più vicino a quella tayloristica stretto che ad una visione sostenibile e orientata alle persone.

Ecco quindi che in alcuni mercati (poco turbolenti) investire nella sostenibilità manageriale apparentemente potrebbe non aver alcun impatto sulla competitività, mentre in altri mercati quelli appunto più turbolenti, l’unica possibilità per rimanere competitività è quella di approcciarsi in maniera realmente sostenibile sotto tutti i punti di vista anche quello manageriale.

Ne è un esempio una recente “polemica” che ha coinvolto i lavoratori dell’ILVA gruppo Riva Fire di Novi Ligure in provincia di Alessandria.

I sindacati hanno infatti deciso di alzare le barricate contro il management per il mancato riconoscimento del tempo necessario per il “cambio tuta”, ovvero quel tempo (in media 25 minuti) che il lavoratore impiega per cambiarsi e mettersi gli abiti idonei al lavoro, condizione invece accordata per gli stabilimenti di Genova e Taranto. Il cambio tuta porterebbe nelle tasche dei lavoratori ben 1 euro e 50 centesimi al giorno.

Bene, avete letto bene, un gruppo “leader in Italia, terzo in Europa e sedicesimo nel mondo” (come scritto sul sito internet http://www.rivagroup.com) come il gruppo Riva Fire, rischia una mini rivolta sindacale per il mancato accordo per una cifra ridicola (ma importante per il lavoratore).

Come di consuetudine non vogliamo entrare nelle dinamiche aziendali che hanno portato a questa decisione, ma vogliamo solamente far emergere un’evidente incoerenza.

Sul sito internet del Gruppo Riva sotto la voce sviluppo sostenibile si può leggere: “Il Gruppo Riva, nel perseguimento della gestione delle attività aziendali sulla base dei valori di efficienza, correttezza e lealtà in ogni processo del lavoro quotidiano, nonchè al fine di assicurare la massima trasparenza nella conduzione degli affari delle attività aziendali, ha adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs 8 giugno 2001, n. 231 “  quindi ancora una volta assistiamo a dichiarazione che si scontrano con la realtà dei fatti.

E’ ora di iniziare a pensare in maniera nuova, non è sufficiente applicare il modello 231 per dichiararsi sostenibili, occorre perseguire con coerenza e rispetto un percorso reale di sostenibilità anche manageriale.

Il legame tra la turbolenza, la sostenibilità e la competitività nell’esempio del Gruppo Riva lo si evidenza nel momento in cui può permettersi di affrontare una lite sindacale a fronte di richieste tra l’altro coerenti e già applicate altrove. Se il Gruppo di trovasse a competere in uno scenario di mercato differente, probabilmente le scelte rispetto ad una situazione analoga sarebbero state ovviamente differenti.

Il management sostenibile: un’eredità dal passato?

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cerutti

Il management sostenibile è fatto di uomini e donne che credono con fermezza nella possibilità di creare e gestire organizzazioni finalizzate alla creazione di valor economico e sociale, preservando valori e benessere compresi ed apprezzati da tutte le persone con cui l’organizzazione si confronta,  ovvero con tutti gli stakeholders con cui l’organizzazione si confronta. La riflessione di oggi è dedicata a Teresa Cerutti Novarese che in anni non sospetti e con naturalezza gestiva l’Officina Meccanica Cerrutti secondo i principi di base  del management sostenibile.

Riporto di seguito il ricordo di Teresa Novarese Cerutti di Piero Ottone cosi come pubblicato su Repubblica del 30 ottobre scorso.

L’ EREDITÀ DI “TERE” CERUTTI

QUESTA nostra Italia, che procura tante ansie e delusioni, sa anche produrre persone eccezionali che sollevano lo spirito e recuperano il prestigio nazionale: una di queste figure è stata Teresa Cerutti Novarese, “Tere”, che si è spenta la mattina del 28 ottobre, all’ età di 89 anni, nella sua Casale. La “Cerutti”, come è sempre stata chiamata la grande azienda con la quale lei si è identificata, rappresenta a sua volta una vicenda tipicamente italiana, di cui non si può non andare fieri. Nata quasi per caso, per una intuizione: il fondatore era un meccanico e riparava macchine utensili per la tessitura. Un giorno gli fu affidata per caso una macchina per la stampa: un cliente gliela diede e gli chiese di provare a riparare anche quella. Lui se ne invaghì, intuì le enormi possibilità che si aprivano in quel settore e cominciò a produrre, con genialità macchine per la stampa: così nasceva una nuova azienda, la Cerutti che nel campo delle rotative avrebbe conquistato il mondo. Gli inizi furono faticosi, come sempre in questi casi, e incredibilmente umili: viaggi per visitarei primi clienti, in treno di notte per risparmiare i soldi dell’ albergo. Genialità, tenacia, coraggio e pazienza diedero vita ad un’ azienda florida e ebbe grande successo anche fuori dai confini. Luigi, figlio del fondatore, quando prese l’ azienda in mano ebbe a sua volta audaci intuizioni, trovò nuovi mercati anche nel campo dell’ imballaggio: soleva dire che «il mondo di domani sarebbe stato un mondo imballato». Nel 1973 ancora giovane, morì all’ improvviso, per una malattia. Giancarlo, il figlio, stava ancora andando all’ università. Che fare? La vedova, Maria Teresa, che non sapeva né di macchine per la stampa né di gestione aziendale, prese tutto in mano, con naturalezza e coraggio, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, e seppe non solo tenere l’ azienda a galla, ma rafforzarla, e trovare nuovi mercati, fino a quando Giancarlo non ebbe l’ età per prenderla in mano a sua volta. Evidentemente la signora era nata imprenditrice e possedeva qualità di cui non si era resa conto fino a quando non fu costretta a valersene. Oggi la Cerutti è una delle glorie dell’ industria nazionale, unica produttrice al mondo di un certo tipo di rotativa, dopo avere battuto la concorrenza di altri paesi industrialmente più avanzati del nostro; ha stabilimenti negli Stati Uniti, in Cina, in India. Teresa Cerutti, Cavaliere del Lavoro, è sempre stata accanto al figlio, instancabile. Ogni anno andava a visitare i clienti negli Stati Uniti e in giro per il mondo, benvoluta, ammirata e apprezzata per il tatto, per l’ umanità, mai astiosa o ingenerosa nel giudizio del prossimo. Aveva la stima e l’ affetto della sua città e di tutti coloro che la conoscevano. A lei si deve la nascita della Facoltà di economia a Casale, oltre a numerose opere di beneficenza. Chi scrive si onorava della sua amicizia, ormai consolidata attraverso gli anni. Ogni autunno “Tere” riuniva la famiglia e pochi amici nella bella casa sulla collina di Casale, fra le nebbie incipienti: tante cose stavano andando male in Italia e fuori ma questa signora serena e paziente non perdeva mai la fiducia nel prossimo e nel mondo. Quest’ anno non ci vedremo: se ne è andata prima.  PIERO OTTONE

Repubblica — 30 ottobre 2009   pagina 37   sezione: ECONOMIA

Fiducia&Galbani

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immagine-fiducia-galbani

Ho atteso qualche settimana prima di dedicare attenzione al caso Galbani soprattutto per riuscire ad avere più notizie in merito a quanto è accaduto.  Attualmente sono ancora in corso gli accertamenti della magistratura per far chiarezza sugli eventi. Non è mia intenzione analizzare il fatto o le conseguenze dello stesso sull’andamento del business dell’azienda,  al contrario vorrei prendere in considerazione le conseguenze sulla vita delle persone che lavorano all’interno dell’organizzazione.

Molte realtà aziendali negli ultimi hanno declinato una visione, una missione ma sopratutto dei valori guida, ovvero quei valori portanti che consentono alle persone di indirizzare i propri comportamenti in maniera coerente con la cultura aziendale ideale.

Spesso vision, mission e valori hanno ruolo specifico nell’organizzazione, occupano pareti di uffici, aule, corridoi, in forme e scritte colorate, diventando un ottimo complemento d’arredo, per anni giacciono lì senza aver un particolare peso o considerazione, apparentemente sembrano innocui ed ininfluenti rispetto alle dinamiche quotidiane…

Questa condizione tuttavia cambia radicalmente quando si verifica un evento imprevisto, con conseguenze importante per la vita delle persone.

Spesso di fronte a tali eventi i valori prendono vita, vengono riletti e interpretati alla luce di quanto sta accadendo all’azienda, ed in queste condizioni acquisiscono un significato opposto rispetto alle intenzioni per i quali sono stati declinati, si allontano cioè dall’essere un modello di riferimento per i comportamenti delle persone.

Prendiamo ora in considerazione i valori dichiarati di Galbani, provando a rileggerli alla luce dei recenti fatti.

I valori aziendali di Galbani sono:

  • Accountability: Esprimere un forte senso di responsabilità personale in tutto ciò che si fa.
  • Energised by Challenger: Appassionarsi ad obiettivi sfidanti ed agire con determinazione per raggiungerli.
  • Face the Reality: Affrontare le situazioni per ciò che sono e non per ciò che vorremmo fossero, con coraggio e trasparenza.
  • Interdependence: Lavorare insieme con fiducia nelle capacità degli altri.
  • Respect for the People: Ascoltare e valorizzare tutte le persone, senza riguardo a differenze non legate alla performance.
  • External Focus: Concentrarsi su ciò che è più importante per i clienti e i consumatori, semplificando le attività se non aggiungono valore al business.

Non li commento, ma il rischio di generare confusione, sfiducia e allontanamento dal senso di appartenenza è probabilmente molto elevato se non certo, soprattutto se non si mettono in atto azioni di coinvolgimento e di spiegazione anche coerenti con ciò che è dichiarato dai valori.

Come fare ad evitare situazioni simili? Ragionare in ottica di management sostenibile significa al contrario pensare alle conseguenze che ogni azione può avere sulla vita organizzativa. Creare un mission statement (missione, visione e valori) può essere strategicamente vincente solamente se esiste una coerenza quotidiana nel rispetto e soprattutto nella condivisione dei valori declinati. Se quei valori non diventano patrimonio comune dell’organizzazione saranno interpretati solamente come spot non vissuti dalle persone o nel peggiore dei casi come complementi d’arredo…

Ancora una volta ritorniamo a due punti fondamentali del management sostenibile:

          ogni azione va valutata per l’impatto che può produrre nel breve, nel medio e nel lungo periodo,

          ogni azione deve essere coerente con la cultura aziendale esistente

Definire un mssion statement è efficace nella misura in cui si prevede un coinvolgimento nella declinazione dei valori prima e nell’implementazione dei comportamenti dopo di tutte le persone che fanno parte dell’organizzazione. Se la declinazione avviene attraverso il lavoro di un numero ristretto di persone difficilmente si otterrà un risultato operativo, ma solamente degli slogan privi di sentimento e di significato.

Il coinvolgimento in questo caso deve essere costante, non solo in fase di declinazione ma anche in fase di applicazione dei valori durante la quotidianità. Il valore per essere efficace deve essere vissuto trasversalmente all’interno dell’organizzazione.

Sarebbe ora interessante capire cos’è successo in Galbani dopo i recenti eventi; in particolare quali azioni sono state implementate oltre all’eventuale solita lettera di chiarimenti…?