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Cosa fare da “grande”: manager o tronista?

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Non potevo non presentare questa condivisibile riflessione di Pierluigi Celli attuale Direttore Generale dell’università LUISS Guido Carli. Si tratta di una lettera di Celli al figlio laureando. In poche righe Celli sintetizza in maniera egregia i motivi che dovrebbero spingere molte realtà aziendali (per lo meno) a orientarsi vero una nuova sostenibilità manageriale, in cui contano i valori e le competenze che si è in grado di erogare.

La lettera è stata pubblicata su Repubblica di oggi 30 novembre.

“Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.
Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l’idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.

Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l’affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.
Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all’attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E’ anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l’Alitalia non si metta in testa di fare l’azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell’orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d’altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l’unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.
Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po’, non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato – per ragioni intuibili – con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all’infinito, annoiandoti e deprimendomi.

Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell’estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.

Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.

Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.

Preparati comunque a soffrire.

Con affetto,

tuo padre “

Pierluigi Celli  è stato direttore generale della Rai. Attualmente è direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli.  Fonte www.repubblica.it

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Il management sostenibile: un’eredità dal passato?

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cerutti

Il management sostenibile è fatto di uomini e donne che credono con fermezza nella possibilità di creare e gestire organizzazioni finalizzate alla creazione di valor economico e sociale, preservando valori e benessere compresi ed apprezzati da tutte le persone con cui l’organizzazione si confronta,  ovvero con tutti gli stakeholders con cui l’organizzazione si confronta. La riflessione di oggi è dedicata a Teresa Cerutti Novarese che in anni non sospetti e con naturalezza gestiva l’Officina Meccanica Cerrutti secondo i principi di base  del management sostenibile.

Riporto di seguito il ricordo di Teresa Novarese Cerutti di Piero Ottone cosi come pubblicato su Repubblica del 30 ottobre scorso.

L’ EREDITÀ DI “TERE” CERUTTI

QUESTA nostra Italia, che procura tante ansie e delusioni, sa anche produrre persone eccezionali che sollevano lo spirito e recuperano il prestigio nazionale: una di queste figure è stata Teresa Cerutti Novarese, “Tere”, che si è spenta la mattina del 28 ottobre, all’ età di 89 anni, nella sua Casale. La “Cerutti”, come è sempre stata chiamata la grande azienda con la quale lei si è identificata, rappresenta a sua volta una vicenda tipicamente italiana, di cui non si può non andare fieri. Nata quasi per caso, per una intuizione: il fondatore era un meccanico e riparava macchine utensili per la tessitura. Un giorno gli fu affidata per caso una macchina per la stampa: un cliente gliela diede e gli chiese di provare a riparare anche quella. Lui se ne invaghì, intuì le enormi possibilità che si aprivano in quel settore e cominciò a produrre, con genialità macchine per la stampa: così nasceva una nuova azienda, la Cerutti che nel campo delle rotative avrebbe conquistato il mondo. Gli inizi furono faticosi, come sempre in questi casi, e incredibilmente umili: viaggi per visitarei primi clienti, in treno di notte per risparmiare i soldi dell’ albergo. Genialità, tenacia, coraggio e pazienza diedero vita ad un’ azienda florida e ebbe grande successo anche fuori dai confini. Luigi, figlio del fondatore, quando prese l’ azienda in mano ebbe a sua volta audaci intuizioni, trovò nuovi mercati anche nel campo dell’ imballaggio: soleva dire che «il mondo di domani sarebbe stato un mondo imballato». Nel 1973 ancora giovane, morì all’ improvviso, per una malattia. Giancarlo, il figlio, stava ancora andando all’ università. Che fare? La vedova, Maria Teresa, che non sapeva né di macchine per la stampa né di gestione aziendale, prese tutto in mano, con naturalezza e coraggio, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, e seppe non solo tenere l’ azienda a galla, ma rafforzarla, e trovare nuovi mercati, fino a quando Giancarlo non ebbe l’ età per prenderla in mano a sua volta. Evidentemente la signora era nata imprenditrice e possedeva qualità di cui non si era resa conto fino a quando non fu costretta a valersene. Oggi la Cerutti è una delle glorie dell’ industria nazionale, unica produttrice al mondo di un certo tipo di rotativa, dopo avere battuto la concorrenza di altri paesi industrialmente più avanzati del nostro; ha stabilimenti negli Stati Uniti, in Cina, in India. Teresa Cerutti, Cavaliere del Lavoro, è sempre stata accanto al figlio, instancabile. Ogni anno andava a visitare i clienti negli Stati Uniti e in giro per il mondo, benvoluta, ammirata e apprezzata per il tatto, per l’ umanità, mai astiosa o ingenerosa nel giudizio del prossimo. Aveva la stima e l’ affetto della sua città e di tutti coloro che la conoscevano. A lei si deve la nascita della Facoltà di economia a Casale, oltre a numerose opere di beneficenza. Chi scrive si onorava della sua amicizia, ormai consolidata attraverso gli anni. Ogni autunno “Tere” riuniva la famiglia e pochi amici nella bella casa sulla collina di Casale, fra le nebbie incipienti: tante cose stavano andando male in Italia e fuori ma questa signora serena e paziente non perdeva mai la fiducia nel prossimo e nel mondo. Quest’ anno non ci vedremo: se ne è andata prima.  PIERO OTTONE

Repubblica — 30 ottobre 2009   pagina 37   sezione: ECONOMIA