valore sociale
Generazione non profit
In questi giorni sto incontrando molte realtà non profit di grandi e di piccolissime dimensioni per definire un progetto congiunto di CSR e mi sto rendendo conto, o meglio sto avendo conferme circa l’evoluzione dei modelli che fino a poco tempo fa caratterizzavano il modo di essere non profit.
Non ho la pretese di fare una fotografia scientifica dell’interno panorama non profit, tuttavia è sempre più vero che:
– La capacità di produrre innovazione nelle risposte sociali che il non profit cerca di dare, sono meno evidenti rispetto a quello che accadeva solo 5 anni fa
– L’età media di molte realtà è cresciuto negli anni, a testimonianza della crescente difficoltà di coinvolgere volontari anche d età più giovani
– L’autoreferenzialità delle organizzazioni più radicate e anche più storiche presenti sui differenti territori diventa un vero fattore vincolante alla capacità di costruire un nuovo ed evoluto modello di welfare in cui il non profit possa giocare un ruolo determinante
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Il ritorno dell’investimento sociale
Valore sociale e valore economico sono in contrasto tra loro? Non direi. Sempre più spesso il valore economico passa attraverso lo sviluppo di valore sociale. In momenti di crisi, come quelli attuali, generare valore sociale non appare semplice o immediato per il fatto che per generarlo occorre una propulsione economica che non sempre è presente.
I ruoli della pubblica amministrazione, delle imprese e del terzo settore diventano quindi centrali per riuscire a generare un contesto dove valore sociale e valore economico possano essere considerati come facce della stessa medaglia, ovvero non può esistere valore sociale senza valore economico, ma non può neppure esistere valore economico senza valore sociale.
L’esperienza maturata in questi anni nell’ambito della valutazione degli elementi intangibili presenti al’interno delle organizzazione aziendali, mi ha permesso di fare una riflessione che vorrei condividere con voi per riuscire a trovare un più efficace legame tra valore economico e valore sociale. Leggi il seguito di questo post »
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Bicchieri di solidarietà
Importante iniziativa quella di Ferrarelle in favore dell’Unicef per la realizzazione di 15 nuovi pozzi di acqua in Ciad.
L’iniziativa, che si sviluppa attraverso un sistema di coinvolgimento dei propri clienti sia attraverso il web che direttamente nei punti vendita, merita di essere segnalata per lo sforzo di fondere insieme iniziative legate al business e iniziative di responsabilità sociale.
Il fatto che Ferrarelle, si impegni nella ricerca di acqua in un paese considerato il 6° ultimo al mondo per accessibilità alle fonti d’acqua non solo dimostra un ovvio senso di responsabilità, ma può garantire anche a chi lavora all’interno dell’azienda un maggiore senso di appartenenza e condivisione di valori sociali ed aziendali.
Sarebbe infatti interessante conoscere non solo dal management, ma anche da chi opera all’intero di Ferrarelle quale opinione ha di questa utilissima iniziativa. Leggi il seguito di questo post »
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Il volontariato sottovalutato: il flop delle ronde!
Il clamore degli scorsi mesi sulle ronde di volontari per vigilare sulla sicurezza delle nostre città è finito con un flop (pochissime domande di iscrizione presso le Prefetture italiane). Strano? Non direi. Il meccanismo pensato per far funzionare il progetto “Ronde”, appartiene a chi pensa in maniera lineare ovvero, dato un problema trovo la soluzione, di chi ragione nella logica causa-effetto, tuttavia l’artefice o gli artifici di tali pensieri non hanno tenuto conto, probabilmente a causa di una scarsa conoscenza, delle dinamiche che caratterizzano il mondo del volontariato.
Fare azioni di volontariato è tutt’altro che banale e difficilmente si riesce ad improvvisare. Sono molti i motivi che spingono una persona ad iscriversi ad un’associazione di volontariato, il vero problema tuttavia è quello di far in modo che la persona una volta entrata continui a permanere all’interno condividendo una visione comune e una capacità propositiva continua. Il progetto “Ronde” nasce da un impulso, a volte anche da una necessità, da un bisogno di sicurezza amplificato molte volte dalla percezione di insicurezza che si ha camminando in molte città.
Tale bisogno tuttavia non può essere soddisfatto abusando o coinvolgendo chi per indole e per abitudine considera il volontariato anche come un momento di piacere e di spensieratezza, un momento in cui poter svolgere azioni ad alto valore aggiunto generando valore sociale ma contemporaneamente un momento in cui poter mettere a disposizione non solo il tempo ma anche le proprie esperienze e capacità.
Questi ultimi requisititi in parte vengono a mancare nell’attività di sorveglianza/sicurezza delle città.
Certo questo è solo uno dei motivi che probabilmente ha indotto il fallimento del progetto “Ronde”, ce ne sarebbero altri cento almeno da poter individuare, ciò che è tuttavia evidente è la sottovalutazione di un sistema, quello del volontariato, che risulta essere molto più complesso di quello che si possa pensare.
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Progetti sperimentali
Scade il 24 ottobre il bando nazionale per progetti sperimentali di volontariato indetto dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, si presenta quindi una grande possibilità per chiunque voglia sperimentare innovative forme di assistenza, prevenzione, ascolto e promozione del volontariato stesso. I progetti saranno finanziati per una quota pari al 90% dal Ministero, lasciando quindi solo una quota pari al 10% a carico delle associazioni proponenti, il valore massimo finanziabile non può superare i 50.000€.
Opportunità come questa devono essere interpretate non solo come una risorsa economica a cui attingere per sviluppare nuove attività, ma come l’occasione per abituarsi a fare un vero passo avanti nelle politiche di progettazione sociale e fond raising a cui sempre più spesso le associazioni di volontariato sono chiamate a rispondere. Leggi il seguito di questo post »
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Apprendere per creare valore
L’intervista a Stefano Zamagni pone al centro due importanti riflessioni, da un lato la necessità di ampliare le azioni di volontariato non solo per incrementare la creazione di valore sociale, ma anche per consentire di innovare il modo di operare del settore pubblico ma soprattutto del settore for profit; dall’altro l’urgenza del settore non profit di ampliare le proprie conoscenze e competenze per essere in grado di comprendere i cambiamenti di scenario con lo scopo di interpretare le esigenze reali di tutti gli stakeholders con cui interagisce. La sperimentazione dell’azione volontaria diventa quindi un modo per sperimentare approcci ed esperienze che potrebbero essere riproposte anche nel mondo business oriented.
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Progetto “World of difference” … un passo avanti!!!
Nell’ultimo post ho accennato al tema della contaminazione tra profit e non profit, in questo vorrei presentarvi un progetto che conferma questa tendenza. Sto parlando del progetto “World of difference” avviato dalla Fondazione Vodafone Italia.
Il progetto come come definito sul sito internet della Fondazione “promuove il coinvolgimento diretto di clienti e dipendenti nelle attività di alcuni Enti non profit, in cambio di un’esperienza di solidarietà unica …World of Difference offre l’opportunità di svolgere un’attività lavorativa direttamente presso alcuni Enti non profit tra quelli sostenuti dalla Fondazione Vodafone Italia per un periodo di tempo determinato di tre mesi”. Per essere più chiari la Fondazione Vodafone Italia si pone come soggetto in grado di agevolare la ricerca di personale proessionista speciliazzato da inserire all’interno di strutture non profit selezionate. Il primo bacino di raccolta delle candidature è la stessa Vodafone Italia, offrendo la possibilità alle proprie risorse di vivere un’esperienza lavorativa nel non profit per un periodo determinato di tre mesi.
L’innovazione di questo progetto è rilevante anche per il fatto di veder coinvolti sia i dipendenti che i clienti, avviando una sensibilizzazione diffusa verso la necessità di professionalità nel settore non profit. L’impatto sociale è sicuramente notevole, anche se potenzialmente limitato, lo sviluppo progettuale di questa iniziativa potrebbe essere rappresentato da un approccio reale di knowledge sharing volontario e strutturato ovvero una forma di condivisione delle professionalità su base volontaria ma retribuito dall’ente for profit. Non è affatto impensabile pensare da un “voucher di professionalità” corrispondende ad un certo numero di ore di lavoro da spendere verso progetti sociali (coerenti ad esempio con i progetti di csr dell’ente for profit) in cui si richiedono specifiche professionalità (già presenti all’interno dell’azienda). Uno dei limiti alla reale creazione di valore sociale generato dalle imprese è spesso dettato da una separazione tra ciò che è business e ciò che è sociale, entrambe le strade tuttavia potrebbero in molti casi seguire percorsi paralleli.
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