pubblica amministrazione
La customer experience dei bambini dell’asilo
Riprendo un argomento che ho già trattato qualche tempo fa e mi coinvolge molto da vicino, i bambini e le conseguenze delle scelte che impattano su di loro.
Nel post dedicato alla maestra Daniela avevo già messo in evidenza la miopia manageriale dell’amministrazione comunale della mia città; con questo post mi piacerebbe al contrario anticipare per quanto possibile un’ulteriore cattiva scelta che potrebbe avere una ricaduta sui nostri bambini. Leggi il seguito di questo post »
Mourinho, i manager e gli impiegati: stipendi inadeguati?
Mou sarà il manager più pagato di Spagna, superando di circa 700 mila euro Alfredo Saenz il consigliere delegato del Banco Santander e di quasi 2 milioni di euro, Cesar Allerta, presidente di Telefonica.
Se pensiamo alle responsabilità dei due manager “aziendali”, rispetto ad un semplice allenatore di pallone, ovviamente rimarremmo senza parole, alcuni commenti letti in rete parlano addirittura di indecenza, stipendi troppi elevati nel calcio, ecc, ecc.
Personalmente non sono un amante del calcio, quindi lascio a loro la giusta interpretazione sulla dimensione ideale dello stipendio di un allenatore, ciò che mi stupisce è invece il fatto che raramente venga analizzato un altro elemento spesso distorcente della realtà ovvero il gap di retribuzione che esiste soprattutto all’interno della pubblica amministrazione italiana.
Spesso il rapporto tra un impiegato ed un dirigente è 1 a 3 o 1 a 4 ovvero un dirigente pubblico guadagna circa o almeno 3 volte in più di un impiegato, facendo, nel caso della PA un lavoro del tutto simile a quello di un suo collaboratore.
Ovviamente qualcuno potrebbe obiettare che le responsabilità in gioco sono differenti, e che quindi sia giusto pagare molto di più un dirigente che un impiegato.
Il vero problema tuttavia non è solo il gap tra dirigente e impiegato è il fatto che probabilmente entrambe le figure hanno stipendi troppi bassi, un conto è guadagnare 3 volte in meno di un proprio dirigente partendo da una paga base interessante, un conto è guadagnare tre volte in meno partendo da una paga che non supera i 1000€. mese.
In un’era in cui la parola d’ordine è tagliare gli stipendi pubblici, penso che sia giunto il momento di innalzare secondo criteri di performance management gli stipendi a chi è in grado di portare un contributo differente all’interno della pubblica amministrazione.
Il vero problema che in questi anni ha attanagliato il lavoro nella pubblica amministrazione è stato anche quello di aver visto la retribuzione come un elemento esterno rispetto al sistema di lavoro, se infatti nel settore privato si parla ormai da tempo di total reward, inserendo la componente retributiva all’interno di una visione globale del lavoratore all’interno dell’organizzazione, nella pubblica amministrazione siamo ancora lontani anni luce.
I motivi di questa miopia sono molteplici, le conseguenze tuttavia sono ora più che mai evidenti, da un lato abbiamo persone che continuano a lavorare in un contesto spesso demotivante e dotato di una bassissima possibilità di crescita professionalità, dall’altro, abbiamo stipendi che, nella maggior parte dei casi giustificano un basso livello di servizio erogato.
Oggi lavorare nella pubblica amministrazione non è più un’esperienza “da curriculum”, la vera sfida di qualunque amministratore pubblico dovrebbe essere anche quella di invertire questa tendenza, portando la professionalità della pubblica amministrazione ad essere un punto di riferimento per il settore privato (cosa che ormai è delegata solamente ad alcuni settori di nicchia), questo passaggio tuttavia si può innescare, cambiando le regole del gioco è inserendo dirigenti che siano in grado di essere manager anche di persone e non solo di risorse.
Brunetta e il management sostenibile
C’è una domanda che mi tormenta: il management sostenibile può interessare anche la pubblica amministrazione? Fino a qualche tempo fa avevo qualche dubbio, non tanto per l’efficacia che tale approccio può avere sulla pubblica amministrazione, quando per la complessità organizzativa che la contraddistingue. Tale complessità tra l’altro aggravata da un Ministro (Brunetta) con buoni propositi ma con altrettanto grande confusione.
La risposta alla domanda tuttavia l’ho trovata qualche giorno fa sulle pagine di alcuni quotidiani. Circa un mese fa infatti un articolo di Marco Morino sul Sole 24 ore titolava:” L’Atm taglia i maxi stipendi dei dirigenti. – La società milanese dei trasporti introduce una politica delle retribuzioni legata agli obiettivi”, la mia prima e naturale affermazione è stata: finalmente!
Finalmente anche nel pubblico si inizia a ragionare per obiettivi e performance, infatti il piano di Catania, presidente ed amministrazione delegato di Atm Milano, mira a radicare la cultura dell’efficienza a tutti i livelli aziendali a partire da quelli più elevati. Una notizia dunque che si allinea con approcci manageriali moderni e che prevede tra l’altro di ripensare l’organizzazione in un’ottica di miglioramento anche della soddisfazione dei clienti. Pochi giorni fa ho letto un’altra notizia apparentemente allineata con la precedente, ma con alcune sfumature differenti. Un articolo di Marco Rogari titolava: “Dirigenti: premi in bilico – Nei piani del governo penalità ai responsabili di uffici inefficienti”, anche in questo caso la risposta più semplice da dare poteva essere: finalmente!, tuttavia in questo caso occorre una riflessione più profonda per evitare di commettere l’errore della superficialità di analisi.
Apparentemente i due casi potrebbero essere simili, in realtà, se nel primo caso c’è l’intento dell’Amministratore Delegato di ATM Catania nel voler riorganizzare la struttura di ATM partendo dall’alto con un progetto che mira a trasformare la cultura aziendale di ATM, nel secondo caso si punta il dito solamente sull’inefficienza dell’apparato statale indicando come responsabile i dirigenti, senza indicare un reale progetto di riorganizzazione.
Nessuno vuole escludere una reale responsabilità dei dirigenti in questione, tuttavia partire indicando come soluzione l’introduzione di sanzioni amministrative, non è sicuramente la strada migliore per trasformare il sistema della pubblica amministrazione. Il rischio di innescare un processo causa-effetto avrà conseguenza positive probabilmente nel breve periodo, ma ovviamente non nel medio e lungo periodo. Le ripercussioni di una simile presa di posizione potrebbero produrre effetti devastanti che certo non aiuteranno il cittadino.
Il rischio che i Dirigenti scarichino sui loro primi riporti e successivamente su funzionari ed operatori il carico di responsabilità è evidente. Tale scarico di responsabilità, tuttavia se non governato da un mirato adeguamento organizzativo, rischia di non produrre effetti migliorativi se non continuamente minacciato e/o controllato, ovvero rischia quindi di non essere per niente efficace.
Se tali scelte non vengono accompagnate da una reale volontà di miglioramento che passa attraverso anche ad una co-responsabilizzazione di tutte le persone che appartengono all’organizzazione, difficilmente si potrà pensare in un miglioramento strutturato dell’attuale situazione in cui naviga la P.A.
Mi sembra più uno slogan ministeriale “Più efficienza, più efficienza, più efficienza” che non un reale e serio intervento all’interno del settore della pubblica amministrazione, azioni simili consentiranno solamente di disporre di un miglioramento significativo nei prossimi due mesi (forse), periodo sufficiente per dichiarare ai media l’efficacia dell’azione per poi passare nel dimenticatoio.
La vera sfida tuttavia è quella di misurare il miglioramento in un periodo un po’ più lungo rispetto ai tempi della politica, considerando le ricadute sull’agire delle singole persone, sul senso di appartenenza, sulla motivazione e soprattutto sulla coerenza delle azioni che potrebbero essere intraprese
Un’occasione mancata?
Iniziativa insolita ma sicuramente apprezzabile quella dalla Regione Piemonte che prevede di offrire ai propri dipendenti uno sconto pari al 53% sul costo dell’abbonamento annuale per l’utilizzo dei mezzi pubblici. Questa iniziativa potrebbe quindi rientrare nella sfera del management sostenibile dove, da un lato si incentiva l’utilizzo del trasporto pubblico abbattendo le fonti di inquinamento privato, dall’altro si offre un benefit importante dal punto di vista economico, consentendo a tutti i dipendenti un buon risparmio a fine anno.
Nonostante le premesse l’obiettivo della Regione è di raggiungere 1300 dipendenti su un totale di 2700, neppure il 50% della popolazione coinvolgibile, non rimane da chiedersi il perché.
Tra i motivi che hanno portato ad individuare un simile obiettivo, rientrano fattori esterni, tra i quali la qualità non sempre eccellente del trasporto pubblico piuttosto che il superamento delle abitudini di molte persone che da anni si servono di mezzi privati per recarsi al lavoro; dall’altro tuttavia rientrano fattori interni all’ente, ed è proprio su questi che occorre focalizzare la riflessione.
Senza entrare nel merito specifico delle azioni condotte dalla Regione Piemonte, uno degli elementi che impediscono di far funzionare un’iniziativa come questa è rappresentato dagli obiettivi e quindi dalla visione allargata dell’iniziativa stessa.
L’iniziativa ha come finalità quella di portare un beneficio alle persone che lavorano per quell’organizzazione? oppure l’iniziativa ha l’intento di ridurre l’inquinamento ambientale? troppo semplice rispondere entrambe, (anche se nella sostanza consentirebbe realmente di raggiungere entrambi gli obiettivi) la vera riflessione deve portare ad analizzare tutte le tappe del coinvolgimento delle persone interessate, non tralasciando nulla nel processo di comunicazione e valorizzazione dell’iniziativa.
Non basta considerare impliciti il valore sociale dell’iniziativa, occorre far vivere al collaboratore questa condizione, “vendendo” i benefici diretti o indiretti che questa iniziativa porta all’individuo e alla collettività.
Sono molti gli esempi di iniziative di valore, come questa, che non riescono a trovare il giusto apprezzamento a causa di uno scarso impegno nella valorizzazione.
La stessa riflessione valida per l’ente regionale potrebbe tranquillamente estendersi al settore privato, basti infatti pensare che sempre la Regione Piemonte ha previsto agevolazioni anche per i lavoratori delle imprese private (erogando un contributo del 33% rispetto al costo dell’abbonamento chiedendo al datore di lavoro di accollarsi il restante 20%), anche in questo caso per il momento la risposta non è stata incoraggiante hanno aderito solamente una decina di impresa su tutti il territorio regionale. I motivi di tale scelta sono ovviamente molti, tuttavia vale sempre il principio del coinvolgimento e della valorizzazione delle iniziative che portano un beneficio diretto e indiretto alle persone che lavorano all’interno di un’organizzazione.