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Il coworking come azione manageriale
Sabato 22 e domenica 23 settembre ad Alessandria avrà luogo la prima “Non conferenza nazionale sul coworking”, iniziativa voluta da Lab 121 e patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Regione Piemonte. In occasione di Espresso Coworking è questo il titolo di questa bella iniziativa, avrò modo di dare il mio contributo, o meglio il mio punto di vista rispetto allo sviluppo del coworking.
Come anticipato nel titolo di questo post, la riflessione che vorrei condividere in anteprima con tutti voi è relativa all’interpretazione e agli sviluppi che il coworking potrebbe avere nell’immediato futuro. Negli ultimi 5 progetti di change management che ho gestito è emerso un elemento comune sempre più evidente, ovvero la necessità di accompagnare le fasi del cambiamento con vere e proprie sessioni di contaminazione verso altre realtà che hanno già vissuto, subito, cavalcato un cambiamento uguale o comunque simile.
Sostenere un’azione di change management implica una complessità operativa e manageriale tutt’altro che semplice, oltre alle macro azioni tipiche di questo tipo di attività di cui non vi sto ad annoiare, è sicuramente interessante l’aver avviato veri e propri cantieri interfunzionali con lo scopo di sperimentare attraverso un’azione di coworking, differenti punti di vista, resistenze e soluzioni di fronte ad un nuovo approccio.
Immaginate quindi di dover coinvolgere un dipartimento aziendale in un’azione di cambiamento culturale o manageriale, immaginate inoltre di poter trovare all’interno della stessa azienda, altri dipartimenti che in tempi e modalità differenti hanno già approcciato un cambiamento simile (situazione abbastanza tipica), ciò che potrebbe agevolare il cambiamento potrebbe semplicemente quello di mettere in contatto questi due dipartimenti, peccato che questa condivisione spesso non possa avvenire in quanto molto onerosa, non solo economicamente ma anche dal punto di vista della disponibilità delle risorse.
La difficoltà di confronto appare evidente e spesso insormontabile in quanto viene identificata come un costo, mettere a confronto due dipartimenti aziendali implica soldi (una convention ad esempio) oppure tempo sottratto al lavoro quotidiano. Per riuscire a superare questo problema, la soluzione del coworking appare ottimale e affatto scontata.
Il co working quindi diventa una possibile soluzione di contaminazione positiva utile per i processi di change, ma non solo. Per avviare il coworking aziendale, abbiamo definito dei micro project work interfunzionali, utili e coerenti con le competenze delle persone coinvolte con lo scopo di sperimentare comportamenti e approcci, ma allo stesso tempo portare avanti iniziative di valore per la stessa azienda.
Prendiamo ad esempio in considerazione una grande azienda multifunzionale, potrebbe essere interessata a definire un’azione di cambiamento manageriale per il Dipartimento A, ma averla già avviata e sostenuta in tempi diversi per il Dipartimento B. Molti dei problemi vissuti da A, soprattutto in termini di resistenze, comportamenti e pregiudizi, potrebbero essere già stati vissuti dalle persone che lavorano nel Dipartimento B.
Il confronto (convention, testimonianze, web tv) fino a se stesso, potrebbe essere anche essere una soluzione efficace ma avrebbe una valenza temporale solo nel breve periodo, ciò che occorre è un vero e proprio piano di coworking in cui le persone di A possano lavorare su concreti ma semplici progetti con le persone di B. Se l’oggetto del progetto comune serve a migliorare il business (in senso lato) è evidente che gli obiettivi raggiunti sono differenti: a) sostenere il cambiamento (obiettivo originario e fondamentale), b) incrementare la motivazione (attraverso una conoscenza allargata di altri colleghi), c) prestare le proprie competenze (contaminarsi) in ambiti diversi dal solito (al di fuori del proprio Dipartimento)
Per far funzionare il coworking occorre tuttavia superare un vincolo non da poco: disporre anche all’interno dell’azienda di uno spazio dedicato, dove persone diverse per un certo periodo (breve) possano realmente traslocare: occupare le sale riunioni temporaneamente potrebbe essere una buona soluzione
Un’occasione mancata?
Iniziativa insolita ma sicuramente apprezzabile quella dalla Regione Piemonte che prevede di offrire ai propri dipendenti uno sconto pari al 53% sul costo dell’abbonamento annuale per l’utilizzo dei mezzi pubblici. Questa iniziativa potrebbe quindi rientrare nella sfera del management sostenibile dove, da un lato si incentiva l’utilizzo del trasporto pubblico abbattendo le fonti di inquinamento privato, dall’altro si offre un benefit importante dal punto di vista economico, consentendo a tutti i dipendenti un buon risparmio a fine anno.
Nonostante le premesse l’obiettivo della Regione è di raggiungere 1300 dipendenti su un totale di 2700, neppure il 50% della popolazione coinvolgibile, non rimane da chiedersi il perché.
Tra i motivi che hanno portato ad individuare un simile obiettivo, rientrano fattori esterni, tra i quali la qualità non sempre eccellente del trasporto pubblico piuttosto che il superamento delle abitudini di molte persone che da anni si servono di mezzi privati per recarsi al lavoro; dall’altro tuttavia rientrano fattori interni all’ente, ed è proprio su questi che occorre focalizzare la riflessione.
Senza entrare nel merito specifico delle azioni condotte dalla Regione Piemonte, uno degli elementi che impediscono di far funzionare un’iniziativa come questa è rappresentato dagli obiettivi e quindi dalla visione allargata dell’iniziativa stessa.
L’iniziativa ha come finalità quella di portare un beneficio alle persone che lavorano per quell’organizzazione? oppure l’iniziativa ha l’intento di ridurre l’inquinamento ambientale? troppo semplice rispondere entrambe, (anche se nella sostanza consentirebbe realmente di raggiungere entrambi gli obiettivi) la vera riflessione deve portare ad analizzare tutte le tappe del coinvolgimento delle persone interessate, non tralasciando nulla nel processo di comunicazione e valorizzazione dell’iniziativa.
Non basta considerare impliciti il valore sociale dell’iniziativa, occorre far vivere al collaboratore questa condizione, “vendendo” i benefici diretti o indiretti che questa iniziativa porta all’individuo e alla collettività.
Sono molti gli esempi di iniziative di valore, come questa, che non riescono a trovare il giusto apprezzamento a causa di uno scarso impegno nella valorizzazione.
La stessa riflessione valida per l’ente regionale potrebbe tranquillamente estendersi al settore privato, basti infatti pensare che sempre la Regione Piemonte ha previsto agevolazioni anche per i lavoratori delle imprese private (erogando un contributo del 33% rispetto al costo dell’abbonamento chiedendo al datore di lavoro di accollarsi il restante 20%), anche in questo caso per il momento la risposta non è stata incoraggiante hanno aderito solamente una decina di impresa su tutti il territorio regionale. I motivi di tale scelta sono ovviamente molti, tuttavia vale sempre il principio del coinvolgimento e della valorizzazione delle iniziative che portano un beneficio diretto e indiretto alle persone che lavorano all’interno di un’organizzazione.