Fedeltà
Lo sciopero del prete!
Anche i preti scioperano? Si è successo (o potrebbe succedere) a Zelo Surrigone, un paesino del milanese, dove Don Carlo Gaviraghi ha annunciato con determinazione uno sciopero se le offerte durante la messa non saranno più cospicue.
Non è un pesce di aprile, è la realtà. L’azione di Don Carlo rappresenta perfettamente il mondo in cui viviamo, dove anche un prete non sa più (o forse non lo ha mai saputo) quali leve usare per incoraggiare un fedele a donare.
Caro prete è finita l’epoca del ricatto. Oggi occorre utilizzare leve differenti per consentire al fedeli di partecipare al sostentamento di un’azione sociale chiara e non generica come la “parrocchia”.
Attenzione, il prete non chiede più soldi per continuare o avviare un progetto con ampio respiro sociale, finalizzato ad aiutare le persone in difficoltà, ma per ristrutturare e abbellire la torre campanaria!!!
Anche il prete si lamenta della crisi, aggiungendo di aver dato il via all’appalto dei lavori quando le cose andavano bene e le entrate erano migliori, insomma prima della crisi, poi le cose sono peggiorate ed ora non è più in grado di far fronte ai pagamenti. (per far la predica al prete…ha fatto il passo più lungo della gamba)
Il motivo per cui vi presento questo caso, è tuttavia quello di ragionare sulle azioni che un’organizzazione non profit può mettere in campo per incrementare la propria capacità di attrarre i propri sostenitori. La Chiesa, ma non solo, ha evidentemente abusato negli anni di una posizione dominante nei confronti dei propri fedeli, pensando che il richiamo della Fede fosse per sempre sufficiente per ottenere il coinvolgimento ( e quindi anche il sostegno economico). Se è vero che il cliente delle realtà for proft è sempre più annoiato, preparato, con aspettative crescenti e spesso con attenzione labile nei confronti dei propri fornitori, lo stesso lo potremmo dire dei donatori o dei sostenitori delle organizzazioni non profit, e il caso di Zeno Surrigone ne è un esempio.
Anche in questo caso le organizzazioni non profit, potrebbero contaminarsi con le realtà for profit, apprendendo i meccanismi che portano ad una maggiore fidelizzazione dei propri clienti/utenti/sostenitori, iniziando a considerare le conseguenze delle proprie azioni o delle proprie non azioni e questo vale anche per la Chiesa.
Se per un’azienda mettere al centro il cliente deve oggi più che mai far parte del proprio DNA, lo stesso dovrebbe valere per un’organizzazione non profit, superando l’ortodossia che la propria mission sia esclusivamente quella di soddisfare chi utilizza i servizi (in senso lato) dell’organizzazione stessa. In altri termini la logica multi stakeholders deve arrivare anche ai gestori del non profit, innescando azioni multilaterali che possano garantire una diffusa soddisfazione tra tutti i soggetti che direttamente o indirettamente si interfacciano con quell’organizzazione.
Se questo è un manager…
“Signori. Esigo, pretendo, voglio, scegliete voi il termine che più vi piace ma per cortesia la massima attenzione, la massima priorità e il più alto presidio al fine di completare le campagne. Necessitiamo di cinque contratti al giorno per gestore, non è impossibile. Anzi. Non è pensabile vedere filiali ancora a zero contratti. … Signori lascio a voi ogni commento, di certo non stiamo facendo una bella figura. Per il Guerriero della luce non esiste niente di astratto, tutto è concreto e tutto lo riguarda. Accetta la sfida come un’occasione e trasforma il pensiero in azione”
Ho riportato lo stralcio di una lettera che un’area manager di una grande banca ha inviato ai suoi promotori finanziari (fonte: La stampa – 19/07/09); la prima cosa che mi è venuta in mente leggendo queste poche righe è stato un film di qualche anno fa, si intitolava “Americani” con Jack Lemon, Al Pacino, la storia di alcuni venditori che non riuscendo a raggiungere i risultati richiesti hanno avuto la “sventura” di incontrare un’area manager che più o meno si rivolgeva loro con gli stessi toni utilizzati nella lettera sopra riportata.
Immagino la faccia dei promotori nel leggere queste poche righe… pensate a chi, per puro caso, poco prima di leggere quella mail ha magari ricevuto l’invito a leggere o a scaricarsi il nuovo report di sosteniblità dell’azienda in cui probabilmente si leggerà che: il cliente è sempre al centro, che le esigenze degli stakeholders vanno rispettate, che la fidelizzazione è un elemento strategico per la competitività…. Insomma le solite cose che si leggono sui report di sostenibilità, per questi ultimi la credibilità e il senso di appartenenza all’organizzazione alla quale appartengono indubbiamente verrà meno ancora più velocemente.
Sono due le riflessioni da far emergere in conseguenza a simili comportamenti, da un lato emerge una perfetta incompatibilità con qualunque tipo di politica di responsabilità sociale posta in essere dall’organizzazione, dall’altro gli effetti che simili modi di porsi hanno nei confronti dei propri collaboratori, sono quelli di alimentare solamente una visione di brevissimo periodo, in cui si ricerca il risultato a tutti i costi, lo “spremere” il cliente, senza tuttavia riuscire a costruire un percorso di crescita di valore duraturo.
La spiegazione di tale azioni è molte volte fornita da quelle che chiamo “devianze organizzative”, se considerate il ruolo dell’area manager, e conoscete minimamente i meccanismi incentivanti e i sentieri di carriera, appare subito evidente che l’unico interesse reale di chi riveste un ruolo simile sia solamente il raggiungimento nel breve periodo di importanti risultati economici, poco importa se per raggiungerli distrugge o compromette rapporti consolidati e costruiti negli anni.
Le organizzazioni che si stanno impegnando nella costruzione di percorsi di sostenibilità o di responsabilità sociale non possono non considerare questi comportanti. Ecco quindi che ancora una volta la CSR non può essere qualcosa di distante dai processi, dai meccanismi operativi, ma soprattutto dalla cultura e dai comportamenti delle persone che vivono l’azienda. Per riuscire ad essere sostenibili bisogna innanzitutto innescare comportamenti che siano sostenibili.