Donazione

EMERGENZA PAKISTAN SMS SOLIDALE 45509

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Invito tutti ad effettuare una semplice donazione di 2€ (meglio se ripetuta…) a favore della popolazione Pakistana. La raccolta fondi è gestita dalla dalla Croce Rossa Italiana.

Riporto di seguito l’appello della Croce Rossa Italiana.

Per donare 2 euro alla Croce Rossa Italiana “Pro Emergenza Pakistan” da oggi, sabato 4 settembre, è possibile inviare un SMS da numeri TIM, Vodafone, Wind, 3 e da rete fissa Telecom Italia al 45509. La Croce Rossa Italiana ha attivato altre modalità per raccogliere fondi in favore delle popolazioni colpite dalle alluvioni in Pakistan: 

– Dal sito www.cri.it donazione online causale “Pro emergenza Pakistan”; 

– bonifico bancario causale “Pro emergenza Pakistan” IBAN IT66 – C010 0503 3820 0000 0218020 

I contributi raccolti dalla CRI saranno impiegati a sostegno delle attività di assistenza alle popolazioni pakistane in stretta collaborazione con la Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, il Comitato Internazionale della Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa Pakistana. 

 “A più di un mese dall’inizio delle piogge monsoniche che hanno provocato le devastanti inondazioni in Pakistan, restano drammatiche le condizioni della popolazione. Sono 18 milioni le persone colpite dalle alluvioni, di queste circa 8 milioni hanno urgente bisogno di beni di prima necessità (come acqua potabile, cibo e medicinali, ripari d’emergenza), e 4,8 milioni sono i senza tetto”, ha dichiarato il Commissario straordinario della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca. “Ad oggi 80mila persone sono state raggiunte dalle unità sanitarie della Mezzaluna Rossa del Pakistan. La Croce Rossa, insieme alla Mezzaluna Rossa pakistana, ha distribuito cibo a 66.969 famiglie (circa 465mila persone) e materiale di soccorso come tende, kit igienico-sanitari, stoviglie a 28.404 famiglie (più di 195mila persone)”, ha concluso Francesco Rocca.

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La dura vita del donatore!!!

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Una volta si diceva che il mestiere più difficile per chi occupava di volontariato o in generale di non profit, fosse proprio quella di dover recuperare le risorse, soprattutto economiche per riuscire a portare avanti iniziative spesso con una forte ricaduta sul tessuto sociale.

Lo sappiamo, non è facile, soprattutto in momenti di crisi, raccogliere fondi, beni o servizi da destinare a persone che per infiniti motivi non possono permettersi di avere. Ecco allora che periodicamente si innescano gare di solidarietà incredibili in cui anche le persone più distanti dal terzo settore, mettono mano al portafoglio e contribuiscono al raggiungimento di risultati sociali sorprendenti, ne sono un esempio la raccolta alimentare del Banco Alimentare organizzata dalla Fondazione Banco Alimentare con la collaborazione dell’Associazione Nazionale Albini, o ancora lo stesso Telethon (forse la più famosa e mediatica azione di raccolta fondi).

Tutto questo in un paese normale è segno di civiltà, di buon senso ma anche di consapevolezza rispetto alle esigenze primarie che spesso non riescono ad essere soddisfatte.

Fino a ieri, il compito difficile era di chi cercava di organizzare la raccolta fondi e non di chi contribuiva alla stessa.

Da ieri dicevamo, questo meccanismo si è interrotto (speriamo che sia un fenomeno limitato e frutto solo di stupidità) pare infatti che le maggiori difficoltà le abbia il donatore, che non è più libero di erogare liberamente un contributo in denaro o in beni senza essere insultato e considerato un infame sprovveduto.

E’ il caso del benefattore di ADRO piccolo centro in provincia di Brescia, reso famoso per l’assurda posizione assunta da un Sindaco che ha escluso alcuni bambini dalla mensa scolastica perché i genitori non pagavano la retta……..

Per porre fine alla questione è infatti intervenuto un donatore, un imprenditore, il signor Silvano Lancini che invece di ricevere il consenso della collettività per aver compensato alle mancate rette delle famiglie insolventi è stato attaccato, addirittura alcune mamme avrebbero detto: “ingiusto per chi paga la retta” (dichiarazione tratta da www.ilsole24ore.it), appare evidente che tale situazione non può che essere paradossale e far male non solo alle persone coinvolte ma all’interno mondo della solidarietà.

Questo post tuttavia nasce con un’altra finalità, non solo quella di evidenziare un fatto quantomeno fastidioso, ma anche quella di ragionare sugli approcci e sulle dinamiche che influenzano la raccolta fondi da un lato ma anche l’utilizzo dei fondi dall’altro.

Primo aspetto riguarda la raccolta fondi, non tutte le cause sociali trovano lo stesso gradimento dai donatori, e viceversa non tutti i soggetti utilizzatori dei fondi accettano di ricevere fondi da chiunque.

Tale limitazione ovviamente comporta possibili situazioni di crisi, da un lato il non profit che sostiene cause sociali poco “di moda” deve impegnarsi maggiormente ad arrivare alla “pancia” dei donatori, sforzandosi in una comunicazione ed in un coinvolgimento più intenso, dall’altro, sempre lo stesso non profit, deve essere in grado di apprezzare gli sforzi di chiunque cerchi di soddisfare una lacuna sociale.

Il ruolo del non profit dovrebbe essere anche quello di intercettare possibili disagi emergenti e latenti, nel caso specifico di ADRO, il primo interlocutore ad intervenire rispetto alla decisione del Sindaco doveva essere il non profit (magari lo ha anche fatto ma di certo non è emerso dalla cronaca), attraverso la propria rete di relazione, di conoscenze, ma anche di azioni concrete sul territorio. Immaginate un non profit che di fronte ad una decisione istituzionale, decida di muovere la collettività verso un ragionamento non scontato, avviando quindi un canale di finanziamento finalizzato ad un bisogno emergente, sarebbe stato sicuramente di tutt’altro impatto, e probabilmente certe affermazioni non sarebbero mai emerse.

Il ruolo quindi del terzo settore si trova continuamente, ed il caso di ADRO ne è un esempio, a confrontarsi con situazioni che sono al confine di una realtà fino ad ora immaginata, e con molta timidezza si trovano a gestire. Fare lo sforzo di uscire dai propri schemi consolidati ed interagire con il mondo delle istituzioni in maniera più decisa, senza temere le conseguenze, assegnerebbe al non profit un ruolo di protagonista nella definizione di un welfare che sempre più spesso viene confuso o non compreso.

Il donatore fedele

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immagine-donazione

Si è svolto qualche tempo fa un workshop organizzato dall’Istituto Italiano della Donazione il cui focus era la  centralità della fedeltà del donatore. Anche per le organizzazioni non profit, diventa strategico lavorare alla costruzione di un sistema di potenziali donatori che fedelmente sostengono le attività istituzionali dell’organizzazione. La possibilità di disporre di donatori fedeli non solo consente di costituire una base di raccolta solida, ma anche e soprattutto costruire un dialogo duraturo con persone che sostengono la causa e posso direttamente o indirettamente diffondere i valori e i progetti organizzati e gestiti dall’organizzazione non profit.

In un articolo di Antonella Tagliabue (riportato di seguito) apparso sul Sole 24 ore, emerge la necessità da parte delle ONP di dotarsi di una struttura in grado di incrementare la raccolta di fondi, investendo fino ad un massimo del 15% delle entrate in attività di promozione. Tale percorso che condivido in parte, deve necessariamente essere incrementato da un ulteriore elemento strategico; le ONP devono ricorrere in investimenti “commerciali”, ma l’asset su cui devono investire maggiori risorse è tuttavia un altro, la priorità deve essere quello di consolidare (in alcuni casi creare) un network di relazioni che parte dai membri dell’organizzazione per arrivare ad estendersi verso la collettività. Spesso le persone che appartengono ad una ONP operano in maniera eccellente senza tuttavia sfruttare a pieno le proprie relazioni personali/professionali. Per creare la fedeltà diventa fondamentale consolidare i rapporti e la frequenza delle comunicazioni/informazioni. La promozione delle iniziative è utile per attirare donatori, se tuttavia l’ONP non è in grado di coltivare i rapporti con i donatori che arrivano in seguito ad una campagna, non sta generando un percorso in grado di costruire valore nel lungo periodo, non capitalizza l’investimento. Ragionare in termini di fedeltà significa essere i grado di condividere costantemente quanto l’organizzazione sta facendo, avendo contemporaneamente la capacità di raccogliere feedback da chi osserva o utilizza i servizi offerti.

 

Il donatore fedele si conquista a caro prezzo  di Antonella Tagliabue  – (www.ilsole24ore.it)

Raccogliere più fondi possibile e al minor costo, meglio ancora se a costo zero, e trovare donatori fedeli sono gli obiettivi di tutte le organizzazioni del non profit, indipendentemente da natura, dimensione e scopo di missione. Quando, però, si passa ad analizzare gli oneri e le modalità della raccolta fondi occorre fare numerose distinzioni. Le piccole associazioni, il cui operato si basa essenzialmente sull’impegno di soci, fondatori e volontari, sostengono generalmente costi di promozione irrisori, che molto spesso vengono coperti direttamente dai singoli, senza ricadute sul bilancio.

Anche per queste realtà cresce, però, l’esigenza di un approccio più sistematico e programmato alla raccolta, innanzitutto per garantire la continuità dei progetti. A questo proposito è da segnalare positivamente la presenza crescente di un budget previsionale all’interno dei bilanci.

Un altro elemento distintivo e premiante in termini di raccolta fondi sembra essere il forte radicamento sul territorio: la prossimità del donatore e la condivisione dei valori e della cultura del contesto in cui nasce l’associazione sono elementi che favoriscono la fedeltà.

Discorso a parte meritano, invece, le realtà che si finanziano principalmente con risorse pubbliche: anche per loro le spese di promozione sono generalmente molto basse, limitate alla necessità di gestire le relazioni e i rapporti con enti quali il ministero degli Esteri o l’Unione europea.

Per le associazioni che, invece, si sostengono soprattutto grazie a fondi privati, alcune delle quali – come Amnesty o Greenpeace – rifiutano per statuto finanziamenti pubblici, trovare donatori richiede risorse. Soprattutto per quelle più grandi diventano indispensabili la pianificazione strategica della raccolta e gli strumenti del marketing e della comunicazione tipici del mondo profit, anche per affrontare una crescente competizione.
Il benchmark elaborato da Un-Guru per «Il Sole-24 Ore del lunedì» stabilisce che, per una gestione equilibrata delle risorse, bisognerebbe investire in raccolta fondi e promozione fino a un massimo del 15% delle entrate. Il 70% circa del campione esaminato, in linea con il dato della precedente indagine sui bilanci, rientra ampiamente nel limite suggerito.

Diverse sono, invece, le cause che motivano il superamento della soglia indicata. In alcuni casi si registra una mancanza di efficienza collegata al fatto di voler sostenere tante, a volte troppe, attività promozionali, con l’obiettivo di offrire al donatore tutte le diverse possibilità di contribuire. Alcune associazioni hanno poi intrapreso iniziative di lungo periodo per le quali sostengono oggi costi il cui ritorno, non garantibile, è dilazionato nel tempo: si tratta, per esempio, delle campagne per attirare i “grandi donatori”, soprattutto le aziende, e per ottenere eredità e lasciti.