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Bonus, charity e leadership
Sono tre elementi non sempre vanno d’accordo. Abbiamo un bell’esempio da raccontare, riguarda Sergio Balbinot, uno dei due (insieme a Giovanni Perissinotto) amministratori delegati di Generali, il quale ha deciso di rinunciare al suo bonus pari a €.949.536, devolvendo l’importo in attività di beneficienza.
Si tratta di un gesto sicuramente non scontato e assolutamente di valore, tuttavia questa scelta forse sarebbe stato più forte se fosse stata fatta da Balbinot Amministratore Delegato piuttosto che da Balbinot uomo.
Mi spiego. Chi decide di investire in benessere sociale una cifra così considerevole, è probabilmente una persona che quotidianamente si confronta con le problematiche che interessano centinaia di migliaia di persone, una persona che si è reso conto della continua e costante necessità di alimentare un settore , quello del non profit, senza il quale molte persone non riuscirebbero a sopravvivere, di una persona di valore e non sicuramente superficiale. Tuttavia lo stesso Balbinot governa una delle più importanti imprese di assicurazioni al mondo, azienda che pur distinguendosi da altre vive la CSR come un qualcosa di non integrato o integrabile al business.
Non fraintendetemi, non voglio giudicare un’importante azione come quella compiuto dal top manager, voglio semplicemente affermare il fatto che probabilmente lo stesso manager ha perso un’occasione quella di incidere maggiormente su azioni di responsabilità sociale, avviando un’integrazione tra la CSR e il business. Tale azione infatti pur avendo un’enfasi minore, avrebbe avuto sicuramente un’efficacia maggiore nel lungo periodo, consolidando una leadership interna ancora diversa dall’attuale.
Le azioni private (di questo tipo) di un top manager hanno ovviamente implicazioni dirette o indirette, sull’intera organizzazione, era forse questa l’occasione per sfruttare le implicazioni e dar vita ad un nuovo modo di interpretare la CSR al’interno di Generali.