“Non si può fare!”. Siamo sicuri? Il management sostenibile deve osare e proporre scenari inimmaginabili
Quante volte sentiamo pronunciare questa frase all’interno delle organizzazioni? La risposta è direttamente proporzionale alla resistenza al cambiamento e alla propensione di non innovare. Molti dei modelli che continuiamo a trovare all’interno delle imprese sono la replica e/o il maquillage di modelli pensati in epoche diverse, per persone diverse, per mercati e clienti differenti.
E’ quindi giunto il momento di ripensare al nuovo management? Ad una management revolution come titolava nel 1991 Tom Peters in Thriving on Chaos: Handbook for a Management Revolution? Rispondere affermativamente significherebbe entrare in un paradigma di pensiero, la volontà di questo post è quello di uscire dal modo di pensare aziendale, tutto basato su efficacia ed efficienza (ovviamente relativa) ed immaginare l’azienda come una comunità, all’interno della quale gli stakeholder hanno pari dignità.
Ciò che spesso influenza lo stile manageriale è la tensione al raggiungimento dei risultativi business. Lo stress verso i risultati è visto in maniera molto differenza seconda del tipo di business, di struttura organizzativa, di cultura aziendale.
Ad oggi la cultura aziendale, rappresenta l’elemento più efficace su cui lavorare per compensare e rendere efficace le azioni strategiche del management.
Mi sono reso conto che anche nelle organizzazioni più evolute dove esiste una reale consapevolezza del proprio stile manageriale, il lavoro solo sulla cultura rischia di esaurirsi e diventare neutrale rispetto alla continua evoluzione della scenario e della complessità che circonda l’organizzazione.
L’idea quindi di amplificare le azioni culturali ampliando gli orizzonti aziendali o addirittura superandoli può aiutare il management a ripensare al proprio stile e ai propri strumenti operativi.
Quando parlo di pari dignità degli stakeholder aziendali, mi riferisco al fatto che l’azione manageriale dovrebbe trovare un equilibrio nei confronti di tutti gli stakeholder scelti. Oggi le organizzazioni che scelgono di avviare spontaneamente azioni di CSR, cercano in maniera soft di soddisfare direttamente o indirettamente tutti gli stakeholder. Ciò che tuttavia è evidente è il peso di alcuni stakeholer rispetto ad altri, in primis l’azionista, o i clienti, per ultimi la comunità o l’ambiente.
Se il periodo temporale di osservazione dell’impresa si sposta dal breve/medio al lungo/infinito il problema non si pone, è interesse dell’impresa governare bene tutti i rapporti con gli stakeholder, se il rapporto è di breve al contrario, il peso di alcuni è evidente tanto da condizionare quasi completamente lo stile manageriale.
E’ inutile negare l’importanza dello stakeholder “azionista”, ciò che sfugge è il fatto che oltre l’80% delle azioni che vengono svolte all’interno di un’organizzazione sono assorbite da questo stakeholder, rendendo inefficace un modo di agire e di pensare che potrebbe avere infine ripercussioni positive all’interno e all’esterno, in primo luogo sullo stesso azionista.
Immaginiamo di ripensare gli MBO in ottica multistakeholder, cambierebbe lo stile manageriale all’interno di quell’organizzazione? Senza dubbio, anche solo per il fatto di aver costretto il manager a confrontasi con variabili che non può governare direttamente, ma con la complicità / confronto / supporto reale di altri attori. Anche l’esempio che ho appena fatto sugli MBO potrebbe essere un paradosso di pensiero, in effetti in un mondo con parità di stakeholder forse il concetto di MBO è superato, ma siccome, pur essendo un visionario voglio anche essere molto concreto, penso si possa iniziare a inserire nuovi approcci anche con strumenti vecchi.
Sviluppare un sistema manageriale dove gli stakeholer hanno pari dignità non significa annullare l’autonomia dell’azionista nel prendere decisioni, significa saper garantire all’azionista un risultato sostenibile e competitivo facendo crescere in maniera più che proporzionale anche gli attori che influenzano o posso influenzare l’esistenza dell’impresa stessa (cit. Freeman).
Il legame esistente tra la costruzione della cultura aziendale e la visione multstakeholder consente a tutte le persone che operano all’interno dell’organizzazione di assumere punti di vista differenti e soprattutto saper valutare e prendere decisioni in grado di generare valore contemporaneamente per differenti interlocutori