cambiamento culturale

Il cambiamento culturale e lo spot in TV

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Dopo Esselunga ci prova anche Fiat, con le dovute differenze. L’ultimo spot della Fiat Panda, non parla dell’auto, ma parla dell’Italia, di quell’Italia di cui essere fieri secondo di quell’Italia che produce (anche la Panda) e genera valore. Anche questo spot ha direttamente o indirettamente una funzione manageriale, un risvolto con possibili conseguenze più o meno chiare all’interno degli stabilimenti Fiat italiani.

Si fatica quasi a capire se lo spot sia rivolto ai dipendenti o ai potenziali clienti della Panda, si fatica inoltre a capire se vuole essere una promozione dell’Italia o meglio dell’italianità (per il momento ancora dominante) di Fiat.

Ciò che appare comunque interessante è sempre correlato ai risvolti che una simile azione di comunicazione può generare tra i dipendenti Fiat; può essere infati anche considerato come uno strumento per aumentare lo spirito di appartenenza o la capacità di attrarre talenti di Fiat. Se l’intendo era quello di celebrare il modello Pomigliano, pare riuscito, resta sempre da verificare se esiste una coerenza interna a Fiat rispetto ai messaggi veicolati con lo spot.

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La fine del Taylorismo

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immagine-fiat-peoleFiat People scritto da Francesco Garello e Roberto Provana  certifica una volta per tutte la fine del taylorismo anche all’interno della più grande azienda italiana che per molti rimane ancora oggi il simbolo della catena di montaggio.

Un’esperienza affascinante e per molti versi unica per il tempo con in cui è stata condotta, la people strategy di Fiat rappresenta realmente un caso di successo internazionale, forse giunta con grande ritardo rispetto ad altre case automobilistiche.

L’osservazione più significativa dal punto di vista del management sostenibile è tuttavia legata alle condizioni iniziali che hanno portato Sergio Marchionne e il suo staff ad affrontare una vera rivoluzione culturale all’interno della “fabbrica” per definizione.

Fiat prima dell’arrivo di Marchionne stava vivendo una delle più difficili crisi dalle sue origini, si trovava in una condizione realmente al limite della sostenibilità, era alle soglie di una situazione di non ritorno.

Tale condizione causata da molteplici e complessi fattori sicuramente ha avuto un peso sulla vita delle persone all’interno dell’organizzazione, che direttamente hanno subito questa situazione e indirettamente ne sono state la causa, insomma una vera situazione di emergenza dalla quale uscirne sembrava impossibile.

Uno dei fattori di successo della peolple strategy di Fiat probabilmente è stato proprio il conteso ed il perimetro di azione, aver preso consapevolezza della necessità di avviare un processo di cambiamento culturale finalizzato a coinvolgere tutte le persone, nessuna esclusa, valorizzando ognuno per le proprie competenze e passioni, è risultato vincente.

Essere nella condizione per cui è facile pensare “non ho nulla da perdere” forse è risultato essere il volano del successo delle entusiasmanti iniziative implementate dal board Fiat.

Le vere riflessione, al di là del successo meritato di chi ha implementato tali strategie in Fiat sono tuttavia altre:

          in un contesto di non emergenza la stessa strategia avrebbe avuto lo stesso effetto negli stessi tempi?

          Quali azioni sono necessari per consolidare la trasformazione culturale

Nelle situazioni di non emergenza il requisito di base che spesso viene meno è il coraggio, unito alla consapevolezza delle proprie azioni. Spesso se non si è realmente costretti si implementano rivoluzioni a metà con effetti il più delle volte discutibili e solo parzialmente efficaci ad affrontare nuovi scenari e nuove sfide. Per quanto riguarda infine le azioni di consolidamento della trasformazione culturale, occorre precisare, che a fronte di un cambiamento reale emergeranno delle nuove abitudini orientate al nuovo modo di vivere all’interno dell’organizzazione, le azioni di consolidamento devono tenere conto delle nuove abitudini emerse in seguito al cambiamento culturale proponendo tuttavia nuovi e continui stimoli affinché le abitudini stesse in un domani non troppo lontano non diventino un ulteriore trappola alla competitività.