Reinventarsi il lavoro over 55: il ruolo dei Centri per l’Impiego e delle aziende
Se una persona a 56 anni perde il lavoro e per una vita ha sempre fatto quel mestiere, pensando che fino alla pensione quello sarebbe stato il suo lavoro, probabilmente sta vivendo uno degli scenari peggiori che possa capitare ad una persona sana e ancora in grado di contribuire al reddito della sua famiglia.
Questa situazione negli ultimi due/tre anni è tutt’altro che rara, basta frequentare anche solo per poche ore un Centro per l’impiego dislocato sui territori per rendersi conto di quanto sia cambiato il modo di lavorare ma soprattutto di interpretare il futuro.
Per una persona con bassa specializzazione e professionalità, scarsamente informatizzata e abituata ad utilizzare macchine o macchinari automatizzati, trovare un nuovo posto di lavoro non è affatto uno scherzo.
I motivi di tale difficoltà sono tuttavia di due tipi:
– Una forte concorrenza e disponibilità di offerta di lavoro, con effetti devianti, ovvero anche chi ha una professionalità più elevata è disposto ad accettare mansioni meno specializzate
– Difficoltà da parte del disoccupato di immaginare un futuro diverso da quello previsto, con una conseguente difficoltà di saper leggere possibili opportunità lavorative.
Sul primo punto non esistono soluzioni, si potrebbe dire che sta all’azienda saper scegliere un profilo adeguato al ruolo e alla mansione, tuttavia è anche vero che avendo la possibilità di scegliere è legittimo se si ha una visione di beve periodo, assumere persone anche più qualificate rispetto al lavoro richiesto. I possibili effetti negativi di tale scelta si avranno eventualmente in un periodo di tempo più ampio.
Sul secondo punto invece occorre fare una riflessione più ampia per quanto possibile. Chi perde il lavoro ed ha le caratteristiche sopra descritte, probabilmente oltre ad avere uno stato emotivo del tutto instabile, potrebbe non avere la capacità di sapere leggere come tradurre le proprie competenze e capacità in contesti diversi rispetto a quello che abitualmente frequentava. In questa fase della vita, occorre ripensare non solo al lavoro ma alle attività, e quindi competenze che si sono acquisite nel tempo, speso con grande attenzione e passione, che hanno permesso ad una persona di acquisire nel proprio ambito un’elevata professionalità. Per persone che non dispongono di grande professionalità, forse l’elemento centrale da far emergere (anche se è più facile dirlo che farlo) è saper far emergere il senso di responsabilità correlato alla professionalità, che si traduce nella disponibilità, nella capacità di adattarsi al cambiamento e di saper comunque dare un contributo utile in funzione di nuovi scenari lavorativi.
Per aiutare il disoccupato a reinventarsi il lavoro, possono intervenire i Centri per l’impiego, (ex ufficio di collocamento), che negli anni hanno cambiato la loro mission, diventando, dove funzionano, veri centri di sviluppo dell’occupabilità. Non esiste altra struttura pubblica o privata in grado di accompagnare persone che si trovano nella situazione descritta a prendere consapevolezza delle possibili strade future rispetto al loro reinserimento lavorativo.
Negli ultimi tre mesi ho avuto la possibilità di incontrare molti operatori dei centri Per l’Impiego della Provincia di Alessandria, duramente colpita in questi tre anni da una crisi economica pesante, che ha interessato molti distretti presenti sul territorio, e mi sono accorto del prezioso lavoro svolto da questi professionisti che cercano di utilizzare tutti gli strumenti possibili per incrementare la consapevolezza delle competenze a disposizione delle persone disoccupate e contestualmente di indicare le possibili strade che potrebbero intraprendere per incrementare la loro possibilità di nuovo inserimento lavorativo.
Certo, i limiti della pubblica amministrazione sono evidenti, soprattutto dovuti a meccanismi a volte standardizzati che non sempre si adeguano alle esigenze del disoccupato, ma in generale, mi sembra che questa possa essere una giusta strada per riuscire a trasmettere alle persone che si trovano in una situazione difficile, di iniziare a considerare il proprio percorso professionale in maniera differente.
Un’ultima riflessione la voglio dedicare al ruolo delle imprese in contesti di crisi. Basta leggere le inserzioni presso le agenzie interinali o presso i centri per l’impiego per rendersi conto della bassa capacità di essere competitivi; sempre più spesso si leggono inserzioni dove dopo aver descritto la mansione ricercata viene scritto in bell’evidenza “OFFERTA RISERVATA ESCLUSIVAMENTE A LAVORATORI IN MOBILITA’” per ottenere sgravi fiscali conseguenti all’assunzione di un lavoratore in mobilità.
Ciò che stona non è la richiesta, che può essere legittima, ma il concetto di esclusività, che rende evidente che della professionalità, delle competenze e del supporto che potrebbe portare il nuovo inserito poco importa a quell’azienda. Si legittima, in un certo senso, il concetto di persona come macchina o come pezzo di ricambio, poco importa chi sia, l’importante e che sappia fare quel mestiere, o meglio l’importante è che costi poco.
Con questa visione è sempre più difficile reggere alla competizione globale.
dicembre 9, 2011 alle 7:18 PM
nelle pmi poco attente spesso ha l’esclusiva: “l’importante è che costi poco”.
febbraio 9, 2012 alle 8:22 am
[…] già parlato del ruolo di queste strutture qualche mese fa, ritorno sull’argomento perché sul Corriere della Sera di ieri, ho letto l’intervento di […]
aprile 16, 2012 alle 1:43 PM
[…] più che mai attuale un tema di cui ho già parlato a dicembre dello scorso anno relativo alle difficoltà di ricollocarsi in un mercato del lavoro sempre più […]