Stress e competitività
Sono ormai trascorsi sei mesi dall’entrata in vigore della circolare del 18 novembre 2010 che definiva le linee guida necessarie per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, così come previsto dall’articolo 20 comma 1-bis del decreto legislativo 81 (testo unico sulla sicurezza del lavoro). Con questa circolare, lo stress da lavoro correlato rientra tra i fattori di rischio a cui è soggetto il lavoratore; si aggiunge in altre parole lo stress ai normali fattori derivanti da tradizionali attività lavorative. La differenza rispetto al passato è tuttavia evidente, non tanto per il contenuto della circolare, quanto per gli effetti e la contemporaneità di tali rischi.
La normativa applicata in Italia dal primo gennaio 2011, arrivata con molti anni di ritardo rispetto ad altri paesi europei, consente di definire un confine netto tra i rischi tangibili, derivanti ad esempio da non aver rispettato la manutenzione di macchinari o strumenti di lavoro, e i rischi intangibili, fino ad oggi non considerati, ma fonte di grande disagio per il lavoratore e,indirettamente, per l’azienda. Assumendo infatti il punto di vista dell’azienda, la nuova normativa può essere vista come un asset in grado di innalzare la competitività e quindi non solo come l’ennesimo onere amministrativo a cui è sottoposta.
Valutare il rischio stress significa ripensare la propria organizzazione e il proprio modo di governare e generare la cultura aziendale, non solo orientata al raggiungimento di risultati di brevissimo periodo, ma a performance sostenibili e durature nel tempo.
Molti manager di grandi e piccole imprese avranno finalmente l’opportunità di prendere una posizione spesso ritenuta scomoda da molte organizzazioni (e sicuramente in controtendenza), mettendo in discussione gli attuali meccanismi di gestione delle proprie risorse. In altri termini, l’applicazione della nuova circolare può essere vista come un acceleratore della competitività dell’azienda, se sviluppata ed elaborata all’interno di una strategia organizzativa in grado di porre al centro dell’organizzazione non solo le competenze e la professionalità delle persone, ma anche le loro esigenze, il vero equilibrio tra vita personale e professionale, il conciliare gli obiettivi di business con gli obiettivi di crescita personale e non sono economica.
Un’azienda che si definisce sostenibile non può che far propria questa nuova normativa, superandola e integrandola all’interno delle proprie politiche manageriali. Allo stato attuale è ancora difficile comprendere l’efficacia della normativa, è probabilmente passato ancora troppo poco tempo per apprezzarne gli effetti; un dato però è certo, lo scorso 24 marzo, per la prima volta in Italia, sette aziende torinesi sono state iscritte nel registro degli indagati: secondo gli inquirenti guidati da Raffaele Guariniello, infatti, non avrebbero rispettato in modo corretto l’articolo 29 del Testo unico sulla Sicurezza del Lavoro (rischio stress).