Si può ancora scegliere quale lavoro fare?

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La risposta a questa domanda sembrerebbe scontata, anche considerando l’alto tasso di disoccupazione presente in Italia, tuttavia una recente ricerca dell’agenzia per il lavoro Page Personal, dimostra che un candidato su dieci rifiuta il posto di lavoro.

Si tratta in prevalenza di neo diplomati o di neo laureati, che pur essendo selezionati e quindi avendo la possibilità di entrare nel mondo del lavoro, rifiutano l’incarico.

Le principali causa sono la lontananza dal posto di lavoro, la mancanza di prospettive di sviluppo certe, la dimensione dell’azienda, il mercato o il settore di riferimento ritenuto poco attraente e stimolante.

Come considerare questo dato?  Si tratta di un chiaro spaccato della nostra realtà contemporanea, da un lato indica una visione chiara di alcuni giovani rispetto al loro futuro, dall’altro l’incapacità di molte realtà aziendali di adeguarsi ai tempi, offrendo elementi di attrattività convincenti

Tra le scelte di un posto di lavoro probabilmente non rientra più solo la sicurezza del lavoro, elemento che per molti anni ha dettato le scelte nel mercato del lavoro, ma rientra un ragionamento sicuramente più complesso e articolato.

La persona giovane e  di talento, ammesso di non avere troppi vincoli economici (quindi una famiglia alle spalle in grado di sostenere le scelte del figlio), sempre più spesso prende in considerazione aspetti legati alle proprie prospettive professionali ed economiche, ma contemporaneamente aspetti legati ad una condizione di vita sostenibile. Le imprese che oltre alla carriera sanno offrire questo tipo di opportunità, incrementano notevolmente le possibilità di attirare talenti, ma anche persone con una maggiore seniority.

L’elemento centrale di questa riflessione, non deve limitarsi ad esprimere un giudizio sul giovane che si affaccia al mondo del lavoro, ma al cambiamento di approccio che le aziende devono iniziare ad implementare, non solo per una questione di benessere delle persone che vi lavorano o vi lavoreranno ma per una questione di competitività. L’inflazionato e a volte abusato termine work-life balance sembra diventare una realtà, o meglio uno degli indicatori che potrebbe essere preso in considerazione dalle nuove generazione da un lato e dagli attuali lavoratori di media età dall’altro.

E’ indiscutibile il fatto che nei prossimi 15 anni le aziende si troveranno a dover gestire contemporaneamente persone mediamente più anziane e contemporaneamente nuove “leve” con esigenze dinamiche e non standardizzabili, il cui elemento comune probabilmente sarà rappresentato dal poter svolgere un lavoro sostenibile nel senso più ampio del termine.

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5 pensieri riguardo “Si può ancora scegliere quale lavoro fare?

    ANIMA LIBERA ha detto:
    giugno 1, 2011 alle 10:37 PM

    ottimo post…è proprio la mancanza di stabilità che probabilmente fa rifiutare un lavoro tuttavia credo visto i tempi che corrono che ci vuole coraggio oggi rifiutare un posto di lavoro dal momento che attraversiamo un periodo di lincenziamenti e di un pauroso stallo!

      gcravera ha risposto:
      giugno 3, 2011 alle 2:31 PM

      Grazie per il commnento! come dici tu oggi rifiutare un posto di lavoro diventa difficile, tutttavia se l’organizzazione aziendale abusa di questa posizione non si possono che amplificare situazioni come quelle descritte nel post. L’incertezza e lo “stallo” devono diventare momenti di riflessioni per chi cerca un posto di lavoro e per chi intende coinvolgere nuove persone all’interno della propria organizzazione.

    Alessia ha detto:
    giugno 3, 2011 alle 11:07 am

    Argomento molto molto interessante..e attualissimo. Se ne parlava proprio in questi giorni con delle amiche. Il vero problema è l’assenza di orientamento che prenda in considerazione le aspirazioni, i desideri, le competenze umane e personali. Spesso ci si proietta verso una carriera redditizia o di moda, solo perché le pressioni sociali o le fonti di informazione dicono che quel lavoro sarà una miniera d’oro. E poi, a quarant’anni, si vedono professionisti “fare la svolta”, aprire un agriturismo, o dare sfogo a un talento creativo sino ad allora represso..

    Lato azienda invece, forse a causa della recessione economica degli ultimi anni, si tende un po’ troppo ad enfatizzare il bisogno di persone in grado di “sacrificarsi”, di lavorare oltre le 8-9 ore al giorno, di rinunciare ai weekend, di accettare trasferte…e si mostrano benefit a compensare tutta questa dedizione, un po’ troppo scarsi e un po’ troppo lontani dall’idea di qualità della vita e di benessere.

      gcravera ha risposto:
      giugno 3, 2011 alle 2:28 PM

      Concordo con il tuo commento, sia lato individuo che lato azienda ci sonopreoccupanti segnali di allontanamento. Non è improbabile che le aziende si troveranno costrette a modificare le modalità di selezione e i requisiti di ingresso delle persone. L’attrattività che saprenno dimostrare diventerà centrale per i nuovi ingressi all’interno delle aziende.

    Laura ha detto:
    agosto 29, 2011 alle 2:25 PM

    Concordo con l’articolo.

    Talvolta il problema è che il TOP management dell’azienda non è tecnologico come i giovani (che ormai usano laptop, iphone, social network etc.. con disinvoltura) e non da’ spazio a questi di implementare l’IT dando apporto positivo all’azienda.
    Altre volte le strategie dell’azienda non sono ben chiare perchè assenti (soprattutto in realtà padronali in cui le decisioni possono cambiare dalla mattina con la sera) e le promesse fatte agli stakeholder “dipendenti” non vengono mantenute e restano vacue promesse del tipo “carotina irraggiungibile”.
    Molti giovani talentuosi capendo il meccanismo se ne stanno ben alla larga da suddette realtà!
    Noi giovani con lauree, master etc.. non ci accontentiamo del “salario”, ma necessitiamo di “un posto nel mondo”, ovvero, nel caso citato, di poter esplicare le nostre doti in una realtà aziendale disposta a saperle esaltare ma soprattutto utilizzare!

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