Rientrare nel mercato del lavoro dalla porta principale!
Torna più che mai attuale un tema di cui ho già parlato a dicembre dello scorso anno relativo alle difficoltà di ricollocarsi in un mercato del lavoro sempre più frammentato e disomogeneo (nei trattamenti e nelle richieste).
Una persona matura quasi alla soglia della pensione (ante riforma), corre il rischio di non riuscire più a ricollocarsi , non solo perché non dispone dei requisiti necessari richiesti in questo momento dal mercato del lavoro, ma anche perché spesso fatica a ricostruire la propria vita professionale fornendo un nuovo significativo, in un nuovo contesto.
Cerco di spiegarmi meglio, molte forme organizzative aziendali fino a questo momento ed in particolare per le persone che hanno una maggiore anzianità nei ruoli medi-bassi, hanno ragionato “impiegando” una persona, cercando di utilizzare il tempo messo a disposizione di questa persona in funzione di una certa retribuzione. Il concetto di impiego appare oggi più che mai molto chiaro, e risponde ad una precisa equazione: l’organizzazione decide in funzione di esigenze più o meno prioritarie ed evidenti come impiegare il tempo del proprio collaboratore indipendentemente o quasi, dall’esperienza o dall’anzianità aziendale.
Se tale approccio poteva avere un senso in un contesto prevedibile e lineare dove con una quasi certezza si poteva immaginare il futuro competitivo con cui si andava a confrontare l’impresa, oggi, tale approccio dimostra limiti importanti non solo per le imprese, ma soprattutto per chi in questi anni ha imparato a lavorare in questo modo e con questo modello organizzativo.
Il fatto di essere impiegati in un’attività lavorativa, non ha consentito in primis al lavoratore di prendere consapevolezza circa la reale utilità della propria professionalità (o non professionalità) anche in contesti lavorativi diversi rispetto a quelli in cui è cresciuto.
Se l’impresa, può facilmente sopperire a tale situazione inserendo persone più giovani, modificando parzialmente l’approccio e il modello, per il lavoratore maturo, esistono al contrario poche soluzioni a questo approccio soprattutto mentale con cui ha convissuto per la maggioranza della propria esperienza professionale.Rientrare quindi nel mercato del lavoro, anche utilizzando gli strumenti strutturali esistenti in primi luogo le agenzie di outplacement, significa focalizzare la propria attenzione sulle proprie capacità e competenze sviluppate nell’arco della propria esperienza professionale, esperienze che analizzate con il senno di poi in molti casi sono limitate e soprattutto facilmente sostituibili (da altre persone o addirittura dall’evoluzione tecnologica).
Se per il giovane uno dei requisiti fondamentali di cui parleremo in un post dedicato sarà la necessità di costruire la propria professionalità (ed insostituibilità) indipendentemente dall’impresa in cui crescerà professionalmente, per il senior questa situazione appare evidentemente più complicata, sia per la mancanza di reali opportunità di lavoro, sia per l’atteggiamento culturale e mentale con cui si trovano a confrontarsi.
Per i senior dotati di una media-bassa professionalità (mi riferisco soprattutto a chi ha un ruolo impiegatizio, in quando spesso hanno meno opportunità rispetto a chi ha un ruolo più operativo) non esistono molti modi per riuscire ad entrare nel mercato del lavoro se li confrontiamo con un giovane che probabilmente oltre ad avere meno aspettative dal punto di vista retribuivo disporrà di maggiori competenze (evoluzione tecnologica); ciò che distingue il senior dal junior è tuttavia una radicata conoscenza delle dinamiche di funzionamento delle organizzazioni e del business, elementi che devono essere valorizzati e consolidati e che non sono affatto secondari anche se a volte non sono ovviamente sufficienti.
Il secondo elemento che è necessario riprendere in considerazione è relativo alla retribuzione; il senior che rientra nella descrizione appena fatta, difficilmente potrà ambire ad un livello retributivo analogo a prima della sua uscita dal mercato del lavoro per le motivazione sopra descritte.
Su quest’ultimo aspetto molto di è discusso in questi mesi, tuttavia è evidente che oggi non sia più sufficiente l’anzianità per riuscire a percepire stipendi più alti, ecco quindi che accettare stipendi adeguati (probabilmente più bassi) rispetto alla retribuzione precedente potrebbe comunque essere un buon compromesso per rientrare in un mercato del lavoro caratterizzato da una coda lunga, in cui anche i senior poco specializzati possono essere utili e a volte indispensabile per molte imprese.
Specializzazione e revisione del livello retributivo diventano quindi elementi che culturalmente sono difficili da acquisire e da condividere, ma che potrebbero realmente consentire di migliorare il reinserimento, fermo restando che un’eventuale riduzione dello stipendio non può e non deve tradursi in nessun modo in uno strumento che indirettamente possa umiliare il lavoratore…. ma questo vale per i senior quanto per i junior.
dicembre 12, 2012 alle 8:11 am
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