Privato & pubblico: perché non sono ancora la stessa cosa
In linea di principio non si può che essere d’accordo con il Ministro Fornero rispetto alla parità di trattamento (in particolare sull’applicazione delle modifiche dell’articolo 18) tra i lavoratori pubblici e quelli privati, tuttavia ci sono alcuni aspetti che non possono essere trascurati prima di prendere decisioni su un tema così delicato.
E’ indubbio, non solo per dati statistici, ma anche per esperienze personali da molti di voi vissute in prima persona, che nel mondo della pubblica amministrazione ci sia un tasso più elevato, rispetto al privato, di lavoratori che hanno una produttività media inferiore al peggiore degli stati evoluti che si possano prendere in considerazione, è altrettanto vero che la propensione al lavoro in molti casi è inferiore a quella presente nel mondo privato ed è altrettanto vero che i lavoratori pubblici son in parte “cosa pubblica” ovvero pagati con i contributi di ogni cittadino.
Ciò che è meno vero e che fa pensare rispetto alle affermazioni del Ministro Fornero, non è tanto la disparità di trattamento (in alcuni casi i dipendenti pubblici possono avere uno stipendio più basso a fronte di maggiori garanzie) quanto la mancanza di strumenti per riuscire a gestire l’organizzazione pubblica.
La possibilità di licenziare secondo quando previsto dall’articolo 18 non è una soluzione risolutiva. Si tratta più semplicemente di uno strumento di breve periodo per eventualmente (e giustamente) poter allontanare fannulloni e sciacalli della cosa pubblica.
La battaglia sull’applicazione delle regole imposte dall’articolo 18 devono essere estese al pubblico con l’aggiunta di un nuovo modello organizzativo volto ad innalzare gli stipendi, la produttività e la responsabilizzazione di ogni individuo.
E’ possibile pensare ad un sistema di obiettivi per la pubblica amministrazione a tutti i livelli (non solo dirigenti)? La risposta è certamente affermativa basti prendere in considerazione la ricca letteratura manageriale sull’argomento.
Ripensare al modello di governare, di gestire, di sviluppare e far crescere il dipendente pubblico consentirebbe di non aver dubbi circa l’applicazione delle nuove regole sul licenziamento.
Per ripensare al mondo della pubblica amministrazione occorre necessariamente un patto che parta per una volta dai sindacati; è interesse dei sindacati incrementare la produttività del dipendente pubblico, è interesse dei sindacati incrementare la responsabilizzazione e l’assunzione di decisioni, è ancora compito dei sindacati consentire di impiantare anche all’interno della pubblica amministrazione un sistema premiante oggettivo e meritocratico attraverso il quale il manager pubblico possa differenziare prospettive e anche stipendi tra i dipendenti che gestisce.
In questo caso il ruolo sindacale non può che essere centrale ed efficace, diventando sponsor di un cambiamento e non attore passivo dello stesso.
giugno 10, 2012 alle 10:48 PM
Forse si se non fosse che:
1 la dirigenza della pubblica amministrazione tiene piu hai suoi obiettivi ( alti stipendi e diversi benefit) che a quella dei suoi dipendenti,
2 la dirigenza pubblica utilizza le piccole prebende che ha il pubblico dipendente per garantire se stesso e creando pesanti disparità, non premiando il merito ne la disponibilità ma l’interesse personale di cui spesso il dipendente e’ latore.
3 non vi e piu una capacita politica reale di verificare la capacita dei dirigenti a gestire la cosa pubblica
4 la dirigenza nel pubblico impiego difficilmente e’ data per merito.
5 trovi dirigenti generali o dipartimentali a 2/3 mila euro all’anno e dipendenti pubblici a 1000 euro al mese, dove la responsabilità se va bene e’ la stessa se non solo del dipendente.
6 il primo passo sarebbe quello di differenziare il livello retributivo in base a responsabilità ed impegno, e con variabili i risultati ottenuti.
7 il sindacato (se esiste ancora) fa bene a difendere l’art 18 e i dipendenti pubblici se pensiamo che la qualità ( in generale) del dipendente pubblico e medio basso. Non intendo il livello di studio, oggi l’università non ti da che nozionistica e quasi sempre di basso livello, conosco diplomati molto ma molto piu intraprendenti che laureati di lungo corso. D’altra parte un ingegnere o architetto che lavora a libro paga in una pubblica amministrazione forse non aveva voglia di impegnarsi piu di tanto o peggio non e’ in grado di fare ciò per cui ha studiato. Trovami un ente pubblico territoriale che progetti una strada, un ponte, una scuola eccc… Generalmente sono tutti lavori esternalizzati , ma la pubblica amministrazione e’ piena di porte con biglietti di presentazione di ing, arch. Ecccc…
Forse prima va ristrutturata la pubblica amministrazione , parte de dall’alto e poi si può discutere sull’art 18 per il pubblico dipendente.