Venditori di “Gratta e Vinci”

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gratta-e-vinciQualche mese fa un’impiegata delle Poste di Taranto ha posto una questione su cui vale la pena riflettere; si è rifiutata di vendere il “Gratta e vinci” allo sportello, ha giudicato immorale venderli. La questione sottoposta dalla signora più che mai attuale e merita quindi un’adeguata riflessione.

Esiste un limite oltre il quale il venditore non può andare? (Rimanendo all’interno del perimetro della legalità). Questo limite che è senza dubbio soggettivo può impattare sulle perfomance commerciali dell’azienda? Esiste un ruolo dell’azienda per affrontare questa situazione?

Prima di rispondere occorre conoscere lo scenario non tanto di Poste Italiane, quanto di molte realtà commerciali che in questi anni si sono trovate a non avere più un preciso perimetro di azione.

Se fino a qualche anno fa esistevano certezze, più o meno definite, oggi non è più così. Sono molti i settori “snaturalizzati”, dalle librerie, che oggi non vendono più solo libri, ai distributori di carburante, che vendono i pneumatici, ai tabaccai che vendono le assicurazioni RC auto.

Il problema della gestione del cambiamento per chi ha un ruolo commerciale esiste e trova uno sfogo naturale proprio nei continui di prodotti o servizi che è chiamato a vendere o proporre.

Il caso delle Poste, da questo punto di vista è significativo, oggi non pensabile uscire dalle Poste senza una proposta commerciale che va dai prodotti vita, ai prodotti telefonici, non c’è nulla di male da questo punto di vista, anzi si cerca di ottimizzare tutti i momenti di contatto, sperando che prima o poi qualcuno realmente interessato possa esserci (e dati i numeri di Poste forse più di qualcuno).

Secondo questo ragionamento quindi anche la vendita dei gratta e vinci potrebbe trovare coerenza, proprio per il fatto che ormai i gratta e vinci sono reperibili ovunque, perché no alle Poste.

Il problema è un altro, ed è relativo ad accompagnare la signora, nel comprendere e superare il proprio perimetro di azione commerciale. Si tratta quindi di un problema che non ha nulla a che fare con la morale, ma con la consapevolezza rispetto al contesto in cui Poste Italiane gioc la sua partita (per sopravvivere).

Perché non si tratta di una questione di morale e di responsabilità sociale? Perché il gratta e vinci è oggi entrato nel modo comune di vivere da parte di milioni di persone (tra cui moltissimi anziani); è una questione culturale e non morale. La signora che lavora alle Poste non prende in considerazione le abitudini della società e soprattutto le caratteristiche culturali dei suoi concittadini, ma si pone solamente la preoccupazione di non andare incontro ad una sua morale, nascondendo una più preoccupante incapacità aziendale di spiegare alle persone quali sono le scelte strategiche o meno che impattano sul quotidiano lavorativo evitando di generare come in questo caso un caso un senso di smarrimento e di incomprensione di un mondo che sta cambiando rapidamente. Sarebbe interessante chiedere alla signora come giudica una Parrocchia che affitta i locali adiacenti all’oratorio e alla scuola materna gestita ad una sala da gioco / scommesse….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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