La voglia di ricominciare e la stanza della noia

Dopo la pausa estiva la voglia di ricominciare non è sempre ai massimi livelli. E’ faticoso riprendere gli stessi ritmi interrotti dalle vacanze, la stessa attenzione ai particolari, riassorbire lo stesso livello di stress… tutte questi elementi che contraddistinguono molti dei nostri lavori, possono essere superati più o meno velocemente in funzione di quanta passione riusciamo a esercitare nel compiere il lavoro stesso. Indipendentemente dal tipo di mansione o di lavoro in generale, l’elemento passionale, coinvolgente e quindi motivazionale diventa ciò che riesce a fare la differenza.
Mi ha sorpreso una notizia letta nelle scorse settimane in cui una multinazionale come Sony ha deciso di prendere una decisione drastica contro le persone che hanno rifiutato il licenziamento anticipato (prepensionamento). Si tratta di una location secondo quanto riportato dal New York Time in cui il lavoratore che ha rifiutato il prepensionamento viene spostato “in quarantena” senza alcun compito specifico, da qui è stata ribattezzata “stanza della noia”.
Mi stupisco sempre quando vengono prese decisioni simili da aziende così strutturate. Secondo il NYT si tratta di 40 operai che sono stati messi fuori produzione e accantonati (proprio come merce superflue) nella stanza della noia. La perplessità più grande è sempre da ritrovarsi nelle conseguenze di simili decisioni, francamente difficili da comprendere immagino anche per un cultura come quella giapponese.
Il messaggio che viene trasmesso all’interno dell’organizzazione è ancora più contradditorio per una realtà che ancora oggi (in molti casi) vede il licenziamento o l’uscita dall’azienda come un fallimento personale oltre che aziendale.
Il problema della flessibilità del lavoro sta arrivando anche in Giappone, ma è impensabile per mercato del lavoro come quello Giapponese utilizzare soluzioni simili.
Non è la prima volta che multinazionali giapponesi utilizzano simili sistemi atti a rendere difficile la vita a chi non è desiderato in azienda. Invece di creare le condizioni affinché le persone siano maggiormente in grado di contribuire al successo preferiscono allontanarle o creare condizioni ambientali insostenibili, con la conseguenza che nel medio periodo di fronte a possibili momenti di crisi aziendale i primi ad andarsene saranno proprio i più capaci e non il contrario. Azioni simili rischiano paradossalmente di allontanare i talenti e di attirare profili meno interessanti in quanto non hanno comunque nulla da perdere. Se fino ad oggi il Giappone non era interessato a questo problema, immagino che da adesso in avanti debba iniziare a ripensare ad un modo diverso di gestire queste situazioni, iniziando, forse per la prima volta nella storia, a pensare alla cultura aziendale come qualcosa di diverso e non omologabile alla cultura identitaria nazionale.
agosto 27, 2013 alle 11:04 am
Devo dire che il ricominciare mi ha fatto stare meglio, decisamente meglio.
Ti dirò di più dopo aver letto l’articolo.
agosto 27, 2013 alle 12:09 PM
Grande Pierluigi!