Budget o CSR?
“Si belle le iniziative di csr, ma non possiamo perdere tempo anche per queste cose, dobbiamo concentrarci per raggiungere il budget, solo dopo (forse) potremmo occuparci di queste iniziative sociali” è questa una tipica frase che sempre più spesso si sente dire all’interno delle organizzazioni, spesso multinazionali che devo accogliere e tradurre in azioni un “invito” spesso imposto dal quartier generale, ed in particolare dalla funzione CSR centrale. Le azioni di csr vengono quindi vissute come collaterali alle attività di business, che al contrario sono sempre più pressanti e inderogabili nei volumi e nelle quantità.
Quando assisto a situazioni simili e sento dai manager emergere un disagio e un’insofferenza rispetto a questi obblighi che talvolta non vengono neppure compresi e vengono vissuti come paralleli e distanti dall’attività core, mi rendo conto che la strada della diffusione delle prassi di CSR, appare ancora lontana dalla quotidianità dei processi di business.
Il manager non capisce così come l’organizzazione o la funzione csr; entrambe le realtà sono focalizzate su realtà tra loro diverse che invece di convergere, spesso divergono non per principio ma per incoerenza e non consapevolezza.
Se la funzione CSR, ha anche l’obiettivo di diffondere e moltiplicare le azioni in funzioni degli stakeholders, le funzioni di business, hanno lo scopo di ampliare il business dell’azienda, possibile con prassi sostenibili ma non necessariamente.
Il vero vincolo e non saper cogliere gli elementi di sovrapposizione che ci possono essere, ovvero applicare e saper generare delle prassi di csr che possano impattare positivamente e indirettamente sui risultati di business.
Il fatto di diffondere il senso di responsabili anche sociale, dovrebbe essere una delle competenze e dei comportamenti tipici del manager, al contrario si pensa che queste prassi nulla abbiamo a che fare con la capacità di generare business e di gestire un’organizzazione competitiva.
Separare gli obiettivi e gli ambiti di applicazione porta a vivere la csr come un dovere e come un obbligo e come tale sarà rilegata a piccoli spazi di attività con effetti di scarsa condivisione tra le persone all’interno delle organizzazioni, dall’altro lato, la csr fatica a capire le esigenze di business che potrebbero essere supportata proprio attraverso l’applicazione di principi e logiche tipiche della responsabilità sociale d’impresa.
Il rischio quindi è che nel medio e lungo termine, pur amplificandosi i casi di successo, la csr, assuma una scarsissima importanza in termini di incidenza sui risultati di business, con il ischio di esaurire la sua già scarsa capacità di diffondersi tra tutte le persone.
ottobre 11, 2011 alle 10:58 PM
ciao gianluca, volevo chiederti : credi che questo problema sia comune a tutti i paesi? o forse è principalmente legato all’Italia, ancora troppo provinciale sotto questo punto di vista? paesi come gli Stati Uniti percepiscono il tema dell’etica come fondamentale oramai da molti anni, forse anche perchè sono stati caratterizzati da grandi scandali negli anni passati, ma personalmente credo che sia dovuto al loro orientamento molto più individualista del nostro: le responsabilità e le scelte sono solo dei singoli. Il modello europeo è invece orientato verso un maggiore affidamento alle istituzioni, per cui ti chiedo, credi sia maggiormente responsabilità di queste ultime far percepire l’importanza della tematica, anche in termini di profitti?o le aziende oramai grazie anche alla globalizzazione dovrebbero avere un ruolo più proattivo?
ottobre 23, 2011 alle 4:32 PM
Ciao Martina, non penso che il problema sia solo italiano ed europeo, ma soprattutto americano. Propri i grandi scandali dicono che la questione etica è solo apperente e non concreta. Se pensi al DJSI, o altr iniziative simili ti renderai conto che la responsabile di molte corporate è solo legate a meccanismi non strutturali ma comunicativi e di apparenza.
ottobre 12, 2011 alle 6:46 PM
Nella mia (breve) esperienza ho visto che la CSR o è promossa dai vertici aziendali e, in particolare dalla proprietà, o rischia di essere vissuta come uno strumento di marketing, cosa che naturalmente non è. Perciò vedendo che, a fronte di X spese, il ritorno sull’investimento è inferiore rispetto ad altre attività di promozione, le aziende decidono poi di abbandonare la CSR o di etichettarla come “troppo costosa” per il loro modello di business o per la loro dimensione aziendale. E contro questa mentalità, noi comunicatori possiamo ben poco, in qualità di evangelizzatori..